Un po' di polvere sotto il tappeto la mettono tutte le leggi di Stabilità (e prima le Finanziarie). Ma il conto che il governo Renzi presenta al Paese per gli anni a venire è particolarmente salato e fa pensare a una manovra da fine corsa. Di quelle pre elettorali che danno sollievo nell'immediato, ma complicano i giochi a chi verrà dopo. Dalla bozza (quasi definitiva) del provvedimento, ancora all'esame della presidenza della Repubblica, emergono alcune novità.
C'è il taglio del fondo per la riduzione della pressione fiscale di 809 milioni di euro nel 2016, 413 per il 2017 e 410 per il 2018. In parte da recuperare con il nuovo canone in bolletta. Forse. Poi tagli lineari ai ministeri.
Ma c'è soprattutto la conferma dei timori sulle clausole di salvaguardia. Aumenti di Iva e accise evitati per il 2016. Peccato che il conto sia solo rinviato al 2017. Ad ammetterlo è la relazione tecnica. La legge di Stabilità ha sterilizzato nel 2016, 16,8 miliardi di clausole di salvaguardia tra Iva e accise, ma lascerà in eredità per il 2017, 15,1 miliardi. Peggio per i due anni a seguire. Sia nel 2018 sia nel 2019, le clausole valgono 19,5 miliardi.
Se la legge di Stabilità 2016 non sarà modificata, a partire dal primo gennaio 2017, l'aliquota Iva del 10 per cento sarà incrementata di tre punti. Quella ordinaria del 22 per cento, passerà al 24% nel 2017 e al 25% nel 2018.
Conto rinviato, di fatto, anche sulla sanità. Il fondo sanitario nazionale per il prossimo anno salirà da 110 miliardi a 111. Meno del previsto. In compenso dal 2017 e fino al 2019 arriveranno tagli veri e propri per 15 miliardi a carico delle Regioni e quindi della sanità.
Rinvii da vigilia di elezioni, verrebbe da pensare, visto che il grosso dei sacrifici si farà sentire dal 2017. Una manovra che rafforza la tesi di chi pensa che il premier voglia elezioni anticipate e una eventuale successiva legislatura da fare - elettori permettendo - con una maggioranza più solida. In grado di affrontare, grazie alla legge elettorale, i sacrifici che inevitabilmente rispunteranno.
A fare i sacrifici nel 2016, sempre stando alla bozza, saranno i ministeri. I tagli imposti sono di 3,1 miliardi di euro. Diventeranno 2,5 nel 2017 e 1,7 nel 2018. «Sacrifici» anche per la Presidenza del consiglio: 23 milioni di euro in meno rispetto al bilancio del 2015.
Una spending review verrebbe da pensare. Ma non è così. Anche il governo Renzi ha scelto la strada più semplice per ridurre, nell'immediato la spesa pubblica, cioè i tagli lineari. Si fissa un obiettivo e si affida ai dirigenti dei dicasteri come raggiungerlo. Nessuna scelta politica. Anche in questo caso, un vizio antico che presenta un inconveniente: i tagli lineari spesso finiscono per diventare spese extra negli anni successivi.
«Sembra l'Italia delle cambiali e dei pagherò, con il rischio che senza una forte ripresa mancheranno risorse per ridurre la pressione fiscale sui redditi per molti anni», commenta Guglielmo Loy, segretario confederale della Uil.
Parte del lavoro sporco è appunto lasciato alle regioni. Nella legge non si parla di ticket sanitari. Ma niente vieta ai governatori di aumentarli. «Per non perdere consensi», attacca il presidente del Veneto Luca Zaia, «il governo ha deciso di non applicare i costi standard, che colpirebbero le Regioni sprecone».
Tra le novità che emergono dalla ultima bozza della legge, ci sono i numeri del taglio Tasi. Vale 3,58 miliardi in termini di perdita di gettito.
Avere incluso gli immobili di lusso porterà alle casse dello Stato appena 10 milioni di entrate. Anche in questo caso, la dimostrazione di un dato politico, cioè che la misura sulle case di lusso è stata pensata per accontentare la sinistra del Partito democratico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.