Il Jobs Act passa le forche caudine della direzione Pd. Ma il partito si spacca: i sì sono 120, i no 20, 11 gli astenuti. Non riesce dunque a convincere la minoranza dem la mediazione che, senza "cedere a compromessi", obbliga Matteo Renzi a cedere su più punti. Il premier non solo riapre anche la sala verde di Palazzo Chigi ai sindacati. Ma, soprattutto, concede il reintegro per motivi disciplinari, oltre che discriminatori. Un retromarcia clamorosa che, di fatto, trasforma la tanto acclamata riforma in una sorta di copia dell'attuale articolo 18. "Forza Italia è disposta a dire sì alle riforme - ha subito commentato il capogruppo azzurro alla Camera, Renato Brunetta - ma non a farsi prendere in giro".
Nella legge delega arriva "il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio" per tutti i neoassunti. La delega non cita espressamente l'articolo 18 e saranno i decreti delegati a definire le modifiche. Fino ad oggi Renzi ha affermato la necessità di sostituire il reintegro con l’indennizzo in caso di licenziamento giudicato illegittimo (ad eccezione dei licenziamenti per motivi discriminatori) ma, nel corso della direzione Pd, ha annunciato che andrà mantenuto anche per i licenziamenti disciplinari. In questo caso si avrà un sostanziale nulla di fatto perché sulle interruzioni di rapporto di lavoro per motivi economici è già intervenuta la legge Fornero prevedendo l’indennizzo in caso di licenziamento illegittimo. Insomma alla prima difficoltà Renzi sembra calare le braghe sia al sindacato sia alla minoranza dem rischiando così di vanificare una riforma del lavoro che ha tutte le carte per essere epocale. I licenziamenti disciplinari sono, infatti, il vero problema per le imprese, in quanto sono determinati da fatti e comportamenti che riguardano il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore. "Se così fosse non cambierebbe un bel nulla", commenta Brunetta ricordando che la materia del licenziamento economico è già stata regolata dalla legge Fornero.
Da giorni Silvio Berlusconi promette un'opposizione responsabile. Quando si sono visti l'ultima volta, ha assicurato a Renzi una mano ad approvare il Jobs Act. Sempre che la riforma del mercato del lavoro non venga snaturata. Per il momento, quindi, il Cavaliere non intende sbilanciarsi: prima di dare l'ok aspetta di vedere il testo definitivo. La strategia attendista è suffragata dalla clamorosa marcia indietro del premier che, alla direzione nazionale, ha rivisto le modifiche all'articolo 18. Una mossa che ha infastidito - e non poco - i vertici di Forza Italia. "L'apertura di Renzi - commenta il presidente dei senatori azzurri Paolo Romani - lascia sconcertati e rischia di vanificare completamente l’obiettivo di revisione dell’articolo 18 da lui più volte dichiarato". Nell'ultima versione Renzi lascerebbe ai giudici stabilire se l’accusa mossa al lavoratore dal datore di lavoro sia fondata o meno. In questo modo il quadro normativo conserverebbe ancora gravi aspetti di incertezza che troverebbero soluzione soltanto in giudizio. "In che direzione stiamo andando? - chiede Romani - non è ancora chiaro se Renzi voglia fare passi avanti o indietro rispetto all’attuale normativa sui licenziamenti disciplinari".
La legge Fornero dispone, infatti, in casi diversi dall'insussistenza del fatto, soltanto il risarcimento e non anche il reintegro. "Fino a quando non avremo un testo chiaro su cui discutere - avverte Romani - la legge delega resta confusa e imprecisa".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.