Renzi si rimangia la parola: Imu su castelli e case di lusso

Altro che taglio delle tasse: il premier reintroduce il balzello per gli immobili di prestigio

Renzi si rimangia la parola: Imu su castelli e case di lusso

Non essendoci fino a oggi nulla di scritto, slide propagandistiche a parte, Matteo Renzi se la ride. Gioca a fare e disfare le misure, a seconda dell'effetto che fa sui giornali e nell'opinione pubblica. «A me sembra di sognare», scrive nell'ispirato status settimanale su Facebook (consigliato per i pochi in crisi di astinenza).

In particolare, il premier c'è rimasto male per come sia stato accolto quello che lui pensava di trasformare nel miglior regalo agli italiani che vorranno votare per il Pd alle prossime Amministrative, e soprattutto per il referendum confermativo delle riforme. L'abolizione della Tasi. Così, alla vigilia della presentazione di un testo in Parlamento (ma fino a ieri sera non ce n'era traccia neppure al Quirinale, dove per prassi consolidata viene consegnato con un bell'anticipo), Renzi corregge la rotta. «A differenza di quanto si dice con tono scandalizzato i castelli pagheranno, come nell'abolizione dell'Ici del 2008. Ironia della sorte, i castelli furono parzialmente esentati dai governi successivi, anche di centrosinistra, perché considerati residenze storiche...». Esercitando più la fantasia che la memoria, il premier cerca anche di ribaltare le accuse di aver copiato Berlusconi. «A chi dice: ma la manovra sulla casa l'aveva fatta anche Berlusconi, dico che è vero. Perché negare la realtà? La norma è la stessa, con due sole differenze: 1) Non cambieremo idea come lui nel 2011 che votò per rimettere l'Ici cambiandole il nome in Imu; 2) Noi non faremo pagare il conto ai Comuni della differenza». I Comuni anche nel 2016 avranno la possibilità di manovrare le aliquote delle tasse comunali sulla casa, aumentandole dello 0,8%. Lo prevede la legge di Stabilità che di fatto proroga la normativa prevista per il 2014-15. Sparita la Tasi prima-casa, i Comuni che decideranno il rincaro lo faranno sulle seconde case.

Nel camuffamento renziano, tutti i gatti sono bigi e le parole sono sempre volanti. Corre a rimettere il piombo dei fatti il capogruppo forzista Renato Brunetta: «Il presidente Renzi è proprio spudorato. Mentre sul 2008 noi toglievamo l'Ici sulla prima casa (lo abbiamo fatto senza nessun danno per i Comuni, studi di più, signor presidente) e nel 2013 tentavamo di rifarlo con il governo Letta, lui da presidente della provincia di Firenze prima e di sindaco poi sparava a palle incatenate contro Berlusconi e il centrodestra. Noi abbiamo votato l'Imu di Monti, ma sotto il ricatto dello spread e lo abbiamo fatto assieme al suo Pd. Successivamente, abbiamo imposto a Letta di eliminare nuovamente l'odiosa tassa sulla casa».

Ma il premier va «avanti come un treno» e dunque non ha tempo di ripassini. Ripete e rafforza gli slogan già provati nei giorni scorsi, dall'Italia con il segno più, al contante che non aiuta l'evasione, al canone Rai che «bisogna pagare tutti e pagare meno, no come Salvini». La manovra, dice ancora, «è pensata per chi tira la carretta. Ma alla vigilia del suo bel viaggio in Sud America e Cuba, è chiaro che vuole solo rinviare le scocciature a dopo il rientro (la Direzione sulla situazione in Afghanistan e anche la riunione dei gruppi pd sulla manovra). Con ciò certificando il proprio scollamento dal partito: persino con i cosiddetti professori renziani, che accompagnarono gaudenti l'arrivo del Rottamatore, venendo infine premiati con posti di rango. Roberto Perotti dal settembre 2014 prima come consulente economico, poi come commissario alla spending review ; Tito Boeri come presidente dell'Inps. Da un paio di settimane Perotti ha mollato la poltrona, avendo potuto toccare con mano che non era Cottarelli a non andar di genio al premier, ma il concetto stesso di spending : «Il suo piano ci avrebbe fatto massacrare dai media, avremmo dovuto metter tasse per 4 miliardi», ha confidato Renzi ai suoi con un moto di disgusto.

E ieri Boeri ha bocciato solennemente la mancata riforma dell'Inps. Strano che la parola preferita dal premier stavolta non l'abbia scosso per niente. Toccare le pensioni avrebbe creato sicuramente un'altra manovra, con altri costi, e assai minori possibilità di propaganda.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica