
«Per la prima volta hanno ammesso di avere fatto un falso». Ha l'aria soddisfatta Ignazio La Russa, quando ieri mattina esce dall'aula al settimo piano del tribunale di Milano. È la stanza del giudice preliminare Silvia Perrucci, chiamata a decidere la sorte del direttore di Report Sigfrido Ranucci, querelato per diffamazione dal presidente del Senato. La Procura ha chiesto l'archiviazione, La Russa si è opposto. E ieri, davanti al giudice, ecco la linea difensiva dei legali della trasmissione Rai: «Hanno ammesso - dice La Russa - di avere fatto un falso per corroborare la loro tesi, ed è l'unica cosa che la corroborava».
Nel mirino della querela ci sono due puntate di Report del 2023 dedicate interamente alla famiglia La Russa, compreso il patriarca Antonino, scomparso nel 2004, al centro secondo la trasmissione di rapporti con mafiosi, massoni e altri ambienti oscuri, e con il bancarottiere Michele Sindona. Di cui secondo Report Antonino La Russa avrebbe sostenuto la candidatura nelle file del Movimento sociale con un «santino», un volantino elettorale. «Oggi hanno detto - afferma La Russa - che quel falso volantino era una trovata televisiva, una trovata umoristica che si doveva capire... Finalmente, finora nessuno l'aveva detto». Il volantino «doveva corroborare che mio padre volesse candidare Sindona nell'Msi, e siccome questo come tutto il resto è completamente falso oggi ci hanno detto che si, è un falso, ma è una trovata televisiva». Ranucci e Mottola non sono in aula, invece La Russa ha deciso di esserci: mossa a sorpresa, inconsueta, che racconta bene la sua indignazione. «Non ho mai querelato nessuno, le cose mi scivolano addosso, ma qui non si parlava solo di me ma di mio padre, che è morto con una fedina immacolata».
Sono giorni in cui il nome di La Russa echeggia spesso, nei corridoi del tribunale dove ha lavorato per anni come avvocato. È tra i bersagli della «fabbrica dei dossier» degli spioni di Equalize, in un verbale si dice che si sia interessato per capire la sorte di suo figlio Leonardo, indagato per stupro, telefonando al suo amico Enrico Pazzali, titolare di Equalize: «io non ho mai saputo - dice - che avesse un'agenzia di investigazione, men che meno illegittima e non mi ricordo quella chiamata, ma comunque è ininfluente». Quanto all'accusa di stupro mossa dalla Procura a Leonardo, «nessuno mi può vietare di credere interamente alla innocenza di mio figlio e comunque mi affido ai magistrati».
Ma ciò che sta più a cuore ieri al presidente del Senato è convincere il giudice preliminare a mandare i giornalisti di Report sul banco degli imputati. Al programma d'inchiesta della Rai, il presidente del Senato contesta di avere fabbricato le sue tesi utilizzando oltre al falso volantino elettorale anche un rapporto intitolato «Grande Oriente», di cui parla l'ex carabiniere Michele Riccio, sui rapporti tra la famiglia La Russa e Cosa Nostra: «Ma questo rapporto - dice La Russa - non si trova da nessuna parte, non esiste.
E il suo autore veniva considerato da Ilda Boccassini un inquinatore di prove, ed è stato condannato per traffico di droga».La decisione del giudice sulla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura della denuncia di La Russa si conoscerà nei prossimi giorni.
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