Un giornalista del servizio pubblico non dovrebbe etichettare la terza dose vaccinale come un mero «business» delle «case farmaceutiche»: è attorno a questo assunto che, in queste ore, si è scatenata una vera e propria bufera bipartisan su Report e sul suo conduttore Sigfrido Ranucci. Nel corso dell'ultima puntata del programma che va in onda su Rai3, Ranucci se n'è uscito così: «È ovvio che la terza dose è il business delle case farmaceutiche». No, non è affatto ovvio. Anche perché la terza dose promette di evitare l'aggravarsi della pandemia.
Tutti gli italiani, in potenza, possono ascoltare Ranucci e le sue considerazioni, mentre le indicazioni delle istituzioni sono sin troppo chiare. La bufera, dunque, non scaturisce tanto dalla singola affermazione o dal tipo di tesi sostenute, quanto dal luogo in cui certa narrativa è stata presentata: la Rai. Se ne sono accorti pure alcuni parlamentari incaricati presso la Commissione di Vigilanza. La polemica non è di parte, tanto che è stato il Partito Democratico, al netto della singola pronuncia di Ranucci, a puntare il dito sul servizio: «Su Report è andato in onda un lungo compendio delle più irresponsabili tesi No Vax e no Green Pass», hanno fatto sapere dalla formazione guidata da Enrico Letta. E ancora: «Sedicenti infermieri, irriconoscibili e coperti dall'anonimato come se si trattasse di pentiti di mafia - hanno insistito - che affermano nel servizio di essersi infettati per responsabilità delle aziende farmaceutiche». L'onorevole Andrea Ruggieri, esponente di Forza Italia, ha parlato di una «lagna qualunquista». «Mi spiace - ha aggiunto il parlamentare di Fi - perché Report è la seguitissima trasmissione di un'azienda che dovrebbe esaltare il progresso scientifico e i suoi benefici anziché offrire argomenti agli scettici verso la bontà del vaccino». Le ideologie non c'entrano e la politica è compatta. Ma pure la scienza non scherza.
La frase di Ranucci ha suscitato una serie di reazioni tra i pionieri della divulgazione scientifica italiana, un settore esploso con la comparsa del Covid 19 ma che ha sempre mal digerito la cattiva informazione. Beatrice Mautino, biotecnologa di chiara fama, ha twittato subito: «La prima lettera a Report l'ho scritta nei primi anni duemila - ha rivelato la scienziata con un cinguettio -. Ero una dottoranda e avevo visto un servizio che parlava di qualcosa che conoscevo e che era stato stravolto nel loro racconto. Da allora è capitato spesso. Lo chiamano giornalismo a tesi. Mi chiedo se sia giornalismo». Tra coloro che hanno risposto alla Mautino, è spuntato Dario Bressanini: «Solito problema - ha premesso - chi non conosce l'argomento pensa che Report sia giornalismo. Chi conosce il tema capisce al volo che è una porcheria spacciata per Grande Inchiesta. Ormai l'ho fatto notare fin troppe volte - ha chiosato il chimico - che ormai basta, anche perché poi arrivano i fan con la bava alla bocca». Chi ha accettato la sfida della comunicazione scientifica come professione mal tollera pressapochismi o distorsioni.
«Quando mi accusano di qualunquismo sul business della terza dose da parte delle aziende farmaceutiche - ha replicato ieri Ranucci -, voglio dire che noi non abbiamo fatto altro che raccontare quello che lo stesso
manager della Pfizer ha detto ai propri investitori in un incontro riservato a marzo. Sono loro che a marzo, ancora prima che scadesse la prima dose, hanno parlato della possibilità di fare il business con la terza dose».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.