Il reporter Gershkovich per il sicario Krasikov. Ma nello scambio l'America vuole inserire l'oppositore Navalny

Il giornalista del "Wall Street Journal" arrestato sei mesi fa in Russia. Il Cremlino pretende il rilascio del killer che uccise un capo ceceno in un parco di Berlino Ma i tedeschi non ci stanno. Intesa Usa-Iran: rilascio di 5 cittadini statunitensi per 6 miliardi di fondi congelati

Il reporter Gershkovich per il sicario Krasikov. Ma nello scambio l'America vuole inserire l'oppositore Navalny
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Ormai è diventato un classico: in Russia si sequestrano cittadini americani con i più vari pretesti (consumo di droghe, spionaggio e simili), li si rinchiude in carcere per tempi indefiniti e li utilizza come merce di scambio con trafficanti di armi o assassini di Stato detenuti in Occidente. È stato il caso per citare il più clamoroso tra quelli recenti - di Viktor Bout, detto «il mercante della morte», liberato dopo 15 anni trascorsi in una prigione americana in cambio del rilascio della campionessa Usa di basket Brittney Griner, che aveva scelto di andare a giocare nel campionato russo ed era stata beccata con un po' di marijuana nel borsone.

Adesso, però, è più complicato. Al Cremlino si sono intestarditi a voler far ritornare in patria nientemeno che Vadim Krasikov, il killer che quattro anni fa assassinò in un parco berlinese un capo ribelle ceceno che aveva trovato rifugio in Germania. In cambio, Mosca potrebbe rilasciare il giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich, assai presunta spia arrestata sei mesi fa in Russia. Ma si vocifera, secondo fonti internazionali citate dallo stesso quotidiano americano, che in eventuale scambio di prigionieri eccellenti potrebbero rientrare perfino Aleksei Navalny, il leader dell'opposizione democratica russa messo al carcere duro quasi tre anni fa, e l'ex marine Usa Paul Whelan, anch'egli presunta spia. Va precisato che il presidente americano Joe Biden si è detto anche recentemente disposto a uno scambio per far tornare a casa Gershkovich, ma che non ha mai nominato il caso Krasikov.

Ovvio chiedersi perché al Cremlino tengano tanto a far liberare un volgare sicario. Per comprenderlo occorre entrare nella logica dello Stato mafioso russo di Vladimir Putin, un uomo che è cresciuto con la mentalità del Kgb: in questa logica, riportare a casa un assassino condannato all'ergastolo ha perfettamente senso in quanto è un esecutore materiale di un ordine che viene dal vertice dello Stato, e questo tipo di Stato «forte» non abbandona i suoi uomini. Sarebbe, secondo informazioni raccolte dallo stesso Wall Street Journal, una precisa volontà di Putin ottenere il rilascio di Krasikov, tanto che ancor prima che costui venisse condannato in Germania aveva cominciato a occuparsi personalmente del caso uno dei pezzi grossi del regime, il segretario del Consiglio di sicurezza Nikolai Patrushev.

Ma, come si diceva, la faccenda è complessa. La Germania non pare minimamente intenzionata a mollare Krasikov, in primo luogo perché è stato accertato che aveva compiuto un atto di terrorismo su ordine dello Stato russo: rilasciare un simile personaggio per consentire agli Stati Uniti di ottenere la liberazione di un loro cittadino sarebbe sentito come un oltraggio, specialmente dopo che una commissione giuridica del governo tedesco ha stabilito che un assassino condannato non può rientrare in accordi di scambio internazionali. Detto che è anche probabile che l'insistenza di Putin su Krasikov sia spiegabile pure con la volontà di seminare zizzania tra Berlino e Washington, si potrebbe arrivare a questo punto a pressioni americane sull'alleato tedesco, al quale rimarrebbe comunque l'ultima parola. In questo contesto avrebbe senso l'ipotesi, in verità piuttosto ardita, della liberazione di Navalny, che dopo l'avvelenamento subito in Russia nell'agosto 2020 aveva trovato in Germania rifugio, sostegno dalla cancelliera Merkel e cure.

Tornando brevemente a Viktor Bout: l'ex mercante della morte si è candidato per il partito putiniano alle elezioni locali nella città di Uljanovsk, dichiarando di «dover fare per il mio Paese tutto quello che posso».

Ma pare più probabile che possa presto mettere le sue competenze al servizio del Cremlino in Africa, dove dopo l'assassinio di Evgeny Prigozhin c'è molto sporco lavoro da fare. E intanto, arriva anche un accordo con l'Iran. Cinque cittadini americani saranno liberati in cambio di 5 prigionieri iraniani e del trasferimento di 6 miliardi di dollari di fondi di Teheran congelati.

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