La sicurezza, dopo le proteste all'università La Sapienza e lo sgombero del rave party di Modena, è tornata d'attualità. Per la rubrica Il bianco e il nero ne abbiamo parlato con lo scrittore Christian Raimo e Andrea Cecchini, segretario del sindacato di polizia Italia Celere.
L’intervento della Polizia all’interno dell’Università La Sapienza era inevitabile oppure era inopportuno?
Cecchini: “L’intervento era inevitabile perché quando si lede l’altrui diritto di manifestare il proprio pensiero è necessario l’intervento della polizia. Noi facciamo, quasi sempre, da argine con la nostra sola presenza per evitare che vengano compiuti reati che ledono le libertà costituzionali. La protesta contro chi manifesta è ammessa, purché non sfoci in violenza. Ci hanno additato come fascisti e violenti, ma se fosse accaduto che manifestanti di destra avesse osato avvicinarsi ad una manifestazione di sinistra, saremmo diventati degli eroi agli occhi di chi oggi ci insulta e demonizza. Alla Sapienza si sarebbe risolto tutto col dialogo se solo quei ragazzi non avessero attaccato il cordone della Polizia che era in assetto antisommossa, ma solo per difendersi da eventuali attacchi e non con l’idea di attaccare. In Italia purtroppo si vive di un politicamente corretto che di corretto ormai ha non più nulla ed in mezzo, guarda caso, ci siamo noi Poliziotti che siamo davvero l’unico e vero baluardo della Democrazia”.
Raimo: “È stato un intervento increscioso. L'università, sin dai tempi di Federico Barbarossa, è un luogo che ha tradizioni di extraterritorialità e l'idea che siano le forze dell'ordine a governare il dibattito e il conflitto democratico è una ferita per tutta la cittadinanza. Negli anni '60 ci furono repressioni e indulgenze nei confronti dei movimenti pi violenti, ma quello fu un colpo alla possibilità di discussione democratica. L'altro giorno, la contestazione dei confronti del dibattito sul capitalismo buono da parte dei collettivi era assolutamente pacifica e l'intervento della polizia è stato feroce, inutile e simbolicamente molto osceno. È inopportuno e sbagliato che ci sia un presidio di polizia dentro un'università”.
Cosa pensa della linea dura del ministro Piantedosi sui rave party?
Cecchini: “Di linea dura non vedo alcunché perché il ministro vuole soltanto che si rispettino le leggi nella tutela delle libertà costituzionali e nei rave di reati se ne commettono a iosa. Il ministro ha la responsabilità morale anche nei confronti dei genitori di quei ragazzi che credo non siano felici sapendo che i propri figli, tutti giovanissimi, stiano a sballarsi tra droghe ed alcool. Quella struttura dove si svolgeva il rave, oltrettutto, era pericolante e il ministro dell’interno è anche l'autorità nazionale responsabile della sicurezza pubblica. Credo, dunque, che un buon padre di famiglia non farebbe giocare i propri figli dentro un locale pericoloso e pericolante”.
Raimo: “È un'altra scemenza reprimere una festa anche perché i rave sono dei luoghi pacifici dove le persone ballano e si auto-organizzano in maniera incredibile. Questo atteggiamento stupido poteva essere, forse, comprensibile venti o trent'anni fa quando non si sapeva bene cosa fossero i rave. Oggi non è più così e vedere le forze dell'ordine schierate contro dei ragazzini che ballano è un'immagine che fa bene solo a un perbenismo repressivo che non conosce quel tipo di cultura e odia i giovani”.
Apprezza oppure è spaventato dal cambio di linea politica del governo Meloni sui migranti?
Cecchini: “Auspico un'assunzione di responsabilità dal nuovo governo perché la situazione è diventata ingestibile. I centri accoglienza scoppiano per il sovrannumero, come è accaduto più volte a Lampedusa quest’estate. Le scene di donne e uomini accatastati gli uni sopra le altre, di bambini impossibilitati a vivere degnamente, di servizi igienici precari e aria a tratti irrespirabile, ci fanno male al cuore. Assistiamo, poi, impotenti all'arrivo di criminali che distruggono interi centri accoglienza, come accaduto a Roma un mese fa. Impotenti perché c’è sempre l’occhio di Amnesty che chiede il numero sul casco dei poliziotti ma non si chiede chi paga tutti i danni di questi delinquenti. Ma non solo. Alcuni politici, se interveniamo, ci additano come fascisti, mentre i giornalisti spesso puntano solo a vendere qualche copia in più. Chiediamo di far rispettare le regole e di accogliere con maniere più umane perché apertura non significhi menefreghismo e disumanità”.
Raimo: “Mi piacerebbe ci fosse un cambio di linea, ma purtroppo la linea sui migranti ha una continuità terribile che è leggermente cambiata soltanto con la breve parentesi del governo Letta. I governi di centrodestra e centrosinistra sono stati molto concordi nel proseguire con gli accordi con la Libia e nel continuare a rinchiudere nei Cpa, in pratica dei lager, i cosiddetti migranti irregolari. Inoltre, non si è riusciti a trovare un accordo su una legge che dia la cittadinanza a ragazzi che vivono in Italia da 18-20 anni”.
In linea generale, teme una deriva securitaria del nuovo governo?
Cecchini: “In realtà, manca la certezza della pena e anche, non ne parla nessuno, l’adeguatezza della pena. Basti pensare che sono previsti più anni di galera per un poliziotto che incute una (pseudo)tortura psicologica ad un manifestante che per un pedofilo o per un ubriaco che uccide al volante. C’è qualcosa che non va e chi parla di tolleranza è il primo intollerante, perché per avere ragione schiaccia la libertà altrui. Non posso temere una deriva securitaria perché la sicurezza non basta mai. Dire sicurezza non significa repressione perché la fase più importante è la prevenzione.”
Raimo: “Non temo, ma anche qui penso che ci sarà una continuità rispetto alle politiche di Draghi. Credo che questo governo agirà moltissimo dal punto di vista simbolico. Questo governo dovrà mostrare il pugno duro, il paternalismo e la sua faccia di padre severo che mette in riga tutti quei movimenti che chiedono più libertà e autonomia. A rimetterci saranno i poveri, i giovani e gli stranieri”.
In definitiva, secondo lei, quali dovrebbero essere le priorità del nuovo governo in materia di sicurezza?
Cecchini: “Serve un assetto normativo per la tutela legale e sanitaria dei poliziotti. Non possiamo finire in ospedale o in tribunale solo per aver esercitato il nostro 'dovere di stato'. È 'dovuto' finire in ospedale, ci dicono, perché è il nostro lavoro ed è 'dovuto' finire davanti ad un giudice per scongiurare che vi sia un abuso o violenza. Ma, come si fa a fermare qualcuno armato di coltello o armato con una pistola che semina il panico? La tutela dei poliziotti non è una concessione per farci fare quel che vogliamo ma è la condizione per lavorare con più serenità visto che in un secondo decidiamo della vita altrui e nostra. Non si può più lavorare così”.
Raimo: “L'Italia è uno dei Paesi più sicuri del mondo e le statistiche ci dicono che in Italia avvengono circa 200 omicidi l'anno. Molti di questi avvengono per mano di compagni o mariti o di forze dell'ordine.
Si dovrebbe investire su un'educazione sentimentale ed emotiva già a scuola perché la violenza di genere è uno dei grandi problemi di questo Paese. Non dovrebbe marginalizzare i poveri e dovrebbe dare residenza ai senzatetto. Infine, dovrebbe depenalizzare la cannabis e togliere quell'infamia che si chiama ergastolo ostativo”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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