Per giustificare il rischio di una nuova emergenza idrica che si sta abbattendo sull'Italia, nelle ultime settimane si punta il dito contro l'assenza di precipitazioni e un inverno povero di nevicate che ha impedito l'accumulo di acqua sulle Alpi con un effetto domino. Si tratta senza dubbio delle principali motivazioni della situazione che stiamo vivendo ma c'è un aspetto altrettanto importante che non viene tenuto in doverosa considerazione e riguarda gli sprechi connessi alla rete idrica italiana. Tra scarsa manutenzione, tubature vecchie di decenni, burocrazia, una miriade di società deputate alle gestione dell'acqua, la nostra rete idrica è a tutti gli effetti un colabrodo. I dati Istat che prendono in considerazione gli anni dal 2019 al 2021 ci consegnano un quadro impietoso: «Oltre un terzo dell'acqua immessa nella rete di distribuzione va perduto. Nel 2020 sono andati persi 41 metri cubi al giorno per km di rete nei capoluoghi di provincia/città metropolitana, il 36,2% dell'acqua immessa in rete». Una percentuale che sale al 40% secondo il «Blue Book» della Fondazione Utilitas, ciò significa che ogni 100 litri immessi nella rete di distribuzione, 40 sono persi e non arrivano ai rubinetti delle case.
Nonostante da anni l'Istat metta in guardia sul pericolo della dispersione idrica, la situazione continua ad essere critica e peggiora in assenza di precipitazioni: «Le perdite totali di rete hanno importanti ripercussioni ambientali, sociali ed economiche, soprattutto per gli episodi di scarsità idrica sempre più frequenti. Sono da attribuire a fattori fisiologici presenti in tutte le infrastrutture idriche, alla vetustà degli impianti, prevalente soprattutto in alcune aree del territorio, e a fattori amministrativi, riconducibili a errori di misura dei contatori e ad allacci abusivi, per una quota che si stima pari al 3% delle perdite».
Basti pensare che in più di un capoluogo su tre si registrano perdite superiori al 45% con una situazione particolarmente preoccupante nell'Italia centrale e meridionale dove la provincia di Frosinone è fanalino di coda con una dispersione pari al 77,8% secondo i dati del dossier «Acqua in rete» di Legambiente seguita da Latina al 70,3%. La cattiva gestione della rete idrica ha portato nel 2020 ben undici comuni capoluogo di provincia del Mezzogiorno ad adottare misure di razionamento nella distribuzione dell'acqua potabile disponendo la riduzione o sospensione dell'erogazione idrica.
Al tempo stesso, se è vero che il consumo giornaliero di acqua in Italia per ogni abitante è superiore alla media europea (236 litri contro 125), nel nostro paese gli investimenti in manutenzione delle infrastrutture è meno della metà che nel resto d'Europa (49 euro per abitante contro 100 euro in Europa) con un crollo a 8 euro per abitante al sud Italia. La Fondazione Utilitas punta il dito proprio sul gap Nord-Sud con grandi differenze tra le due aree del paese sia per la manutenzione della rete idrica sia per la gestione delle infrastrutture con il servizio idrico al Sud Italia gestito in prevalenza dalle amministrazioni locali.
Pensare che nel 2011 gli italiani hanno avuto l'occasione di cambiare le cose con il referendum sulla privatizzazione della rete idrica che è stato però presentato come un voto «sull'acqua pubblica». Così è prevalso un sentimento di scetticismo verso i privati nonostante gli enti pubblici si siano dimostrati incapaci di gestire la rete di distribuzione.
Ora non resta che sperare i 4,4 miliardi previsti nel Pnnr per la tutela del territorio e della Risorsa idrica siano investiti correttamente per manutenzione e ammodernamenti anche se, ancora prima di partire, rischiano di essere insufficienti a fronte dell'immobilismo degli ultimi decenni.
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