
Nelle serata americana di venerdì era il Wall Street Journal a dare per imminente la firma dell'accordo tra Washington e Kiev sui giacimenti di minerali critici e terre rare ucraini. Molti segnali, alcuni empirici, nelle ore precedenti puntavano in quella direzione. Il consigliere per la sicurezza nazionale Usa, Mike Waltz, assicurava che «Zelensky a breve firmerà l'accordo». L'inviato di Donald Trump per l'Ucraina e la Russia, Keith Kellogg, in visita a Kiev, definiva il presidente ucraino il «leader coraggioso di una nazione in guerra». Un netto cambio di toni, rispetto al «dittatore senza voti» e «comico mediocre» con il quale Trump aveva liquidato Zelensky dopo il primo stop all'accordo e le dure riserve espresse sul disgelo avviato con Mosca. Lo stesso presidente Usa aveva addolcito la sua retorica, prima ammettendo a Fox News che sì, «è stata la Russia a iniziare la guerra». E poi, parlando alla Casa Bianca, con l'auspicio di un «incontro» tra Zelensky e Vladimir Putin per «mettere fine allo spargimento di sangue», poi con la smentita di una sua visita a Mosca per il 9 maggio - «non andrò» - e infine con l'annuncio che la firma dell'accordo sui minerali era «molto vicina». Non ultimo, lo stesso Zelensky nella notte affermava che le parti stavano lavorando a «una bozza» e auspicava un «risultato equo».
Nel giro di poche ore, lo scenario cambiava radicalmente, riportando il braccio di ferro tra Washington e Kiev al punto di partenza o peggio. Vari media, tra cui la britannica SkyNews e Cnn riferivano, citando fonti ucraine, che «l'accordo non è ancora pronto per essere firmato, ci sono una serie di questioni problematiche e, nella forma attuale della bozza, il presidente Zelensky non è pronto ad accettarlo». Il documento, secondo Kiev, non configurerebbe una «partnership», ma «solo impegni unilaterali da parte dell'Ucraina».
Due le reazioni da parte americana di fronte al nuovo irrigidimento ucraino. La prima, facendo trapelare ai media che Washington sarebbe pronta a «staccare la spina» al sistema satellitare Starlink di Elon Musk, che finora ha mantenuto accese le comunicazioni civili e militari ucraine, anche se la notizia è stata poi smentita dallo stesso Musk. La seconda, si consumava in sede Onu e non è escluso che sia essa stessa il motivo del mutato atteggiamento ucraino. Ancora una volta, era il Wall Street Journal a riferire che gli Stati Uniti avevano chiesto all'Ucraina di ritirare la sua bozza di risoluzione all'Onu, elaborata con il sostegno degli europei, per il terzo anniversario della guerra. Kiev si era rifiutata. Allo stesso modo, francesi e britannici avevano chiesto agli Usa di ritirare la loro bozza, incassando il rifiuto degli americani, che anzi pressavano sugli europei affinché l'Ucraina ritirasse la propria. Fondamentali le differenze tra i due documenti. Quello ucraino punta il dito contro la Russia, responsabile dell'invasione di tre anni fa. La bozza americana si limita a chiedere una «fine rapida» della guerra, con un generale riferimento alla «tragica perdita di vite umane nel conflitto fra Russia e Ucraina». È quello che aveva anticipato venerdì il segretario di Stato Usa Marco Rubio in una telefonata al collega ucraino Andrii Sybiha, ribadendo l'impegno del presidente Trump a «mettere fine al conflitto», anche «attraverso un'azione efficace nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu». A gettare acqua sul fuoco, forse per prendere tempo ed evitare nuovi post al vetriolo di Trump, era Ruslan Stefanchuk, presidente della Rada, il Parlamento di Kiev.
Il governo ucraino, riferiva in un'intervista, da lunedì inizierà a lavorare per finalizzare l'accordo sui minerali con gli Stati Uniti, ma l'Ucraina vuole «garanzie sulla sicurezza, discussioni costruttive e un summit con Washington».
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