Il ricatto degli Usa: "Pace o lasciamo"

Rubio avverte i "volenterosi" europei. Trump: "Putin non mi sta prendendo in giro"

Il ricatto degli Usa: "Pace o lasciamo"
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Dalla promessa elettorale di far finire la guerra in Ucraina «entro le prime 24 ore» del suo secondo mandato alla minaccia di porre fine agli sforzi degli Stati Uniti «se non sarà possibile fermare il conflitto». A prima vista quello di Donald Trump può sembrare un cambio di rotta radicale, ma a ben vedere non è affatto così. Le due ipotesi (la prima dell'irrealtà, la seconda dell'impossibilità) hanno infatti in comune un disimpegno americano dal sostegno a Kiev e un favore grosso come una casa (o meglio, come cinque province ucraine) alla Russia di Vladimir Putin.

Il segretario di Stato americano Marco Rubio uno che nel gruppo di testa dei collaboratori del presidente passa per un moderato, mentre è solo la classica figura del «poliziotto buono» ha detto poche ma sufficientemente chiare cose ieri, prima di reimbarcarsi dall'aeroporto di Le Bourget a Parigi dove si erano svolti gli incontri con i «volenterosi europei» e gli emissari di Volodymyr Zelensky. «Sarà necessario determinare nei prossimi giorni se la pace in Ucraina è fattibile, ma se non è possibile, se siamo così distanti, allora penso che il presidente dirà che abbiamo finito qui: non è la nostra guerra, non l'abbiamo iniziata noi. Gli Stati Uniti hanno aiutato l'Ucraina negli ultimi tre anni e vogliamo che finisca, ma se non si riuscirà a porle fine, gli Stati Uniti dovranno voltare pagina, perché abbiamo altre priorità».

Commentando Rubio, Trump ha aggiunto «sto solo dando una mano, la Russia non mi sta prendendo in giro. Ma se una delle due parti fa la stupida, noi ce ne andiamo». Il messaggio è rivolto principalmente agli ucraini e ai loro alleati europei, che pure affermano di sostenere l'obiettivo di Trump di arrivare a un totale cessate il fuoco entro poche settimane, come ieri ha ribadito Giorgia Meloni. I primi per bocca dello stesso presidente Zelensky sono fermi sul punto che nessun Paese straniero può negoziare la cessione di territori nazionali «che appartengono al nostro popolo e alle generazioni future», mentre i secondi procedono sulla via di un coordinamento politico e militare per consentire all'Ucraina di continuare a difendersi anche se Trump dovesse decidere come Rubio ha lasciato intendere di abbandonarla al suo destino.

Tutto questo sembra in primo luogo una forma di estrema pressione americana soprattutto sugli europei per mettere l'Ucraina in una posizione di debolezza tale per cui non possa che subire le condizioni di pace imposte d'intesa tra Washington e Mosca. Agli europei però questo non conviene, perché l'indebolimento dell'Ucraina davanti alla perdurante aggressione russa si tradurrebbe in un aumento della sua minaccia anche verso l'Europa orientale. Da qui le enormi difficoltà a individuare un compromesso praticabile, specialmente per gli europei che cercano di coniugare il sostegno a Kiev con un'intesa con Trump.

In tutto ciò, certamente non aiuta l'atteggiamento molto sbilanciato e più che concessivo verso Mosca del «mediatore» americano Steve Witkoff. Il quale ha detto al Wall Street Journal che la Russia potrebbe ottenere in cambio della pace «alcune regioni, ma non tutte» e che magari «all'Ucraina potrebbe importare di meno di alcune, se sono russofone». Una bozza Usa per porre fine ai combattimenti, che prevede che la Russia mantenga il controllo di tutti i territori ucraini occupati, un allentamento delle sanzioni a suo carico e lo stop ai colloqui per l'adesione alla Nato dell'Ucraina, è stata presentata agli europei a Parigi.

Ricalca praticamente tutte le pretese di Putin e nessuna delle richieste di Zelensky, che infatti lamenta che Witkoff «porti avanti inconsapevolmente la narrativa russa». In effetti, Putin in persona non avrebbe potuto chiedere di più.

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