Sono passati più di trent'anni e sembra incredibile, ma la biografia di Berlusconi e la sua discesa in campo continuano ad essere scandagliate dalle procure. È il passato che non se ne vuole andare anche perché i pm, questa volta quelli di Firenze, e alcuni giornali, vedi la Repubblica, insistono nel leggere dietro l'avvento di Forza Italia oscure trame, peccati indicibili, convenienze economiche. Dunque, Repubblica dà conto di una relazione tecnica chiesta dalla direzione distrettuale antimafia di Firenze che dimostrerebbe come la vittoria elettorale del 94 portò ossigeno al gruppo Fininvest: le banche allentarono la presa e la posizione debitoria, pesantissima, si sarebbe ridotta. Insomma, l'ascesa a Palazzo Chigi sarebbe servita anche a scongiurare un possibile disastro finanziario ormai dietro l'angolo. Marina Berlusconi legge e manifesta il suo «stupore».
Colpisce come i pm abbiano chiesto quello studio prendendo come pietra di paragone un editoriale firmato, nientemeno, da Eugenio Scalfari il 18 luglio 1993. Si può commissionare una perizia sulla base di un commento di 31 anni fa? Come raccontava Lirio Abbate su Repubblica, ieri, aveva ragione Scalfari, su Repubblica 31 anni fa. Peccato che già il 19 luglio, 24 ore dopo, Berlusconi, peraltro ancora lontano da «tentazioni» romane anche se per Repubblica l'idea era già maturata nel 92, avesse replicato punto per punto al dogma appena enunciato. «Lo scalfarismo imperante - affermava il futuro leader del centrodestra - crede di essere ormai vicino alla meta: consegnare l'Italia al governo delle sinistre, con il Pds a fare da perno e da coagulo e con Scalfari suggeritore-burattinaio- direttore d'orchestra».
Polemiche furibonde andate avanti per almeno un ventennio. Scalfari sulla base di sue fonti sosteneva che il Cavaliere avesse un'esposizione di 4 mila miliardi di lire verso le banche e intimava sostanzialmente agli istituti di credito di costringerlo a rientrare. «Tutti i debiti di Fininvest -afferma ora Marina Berlusconiin una lettera a Repubblica- sono stati ripagati e non centrano nulla con l'ingresso in politica con mio padre. Fininvest è un gruppo solido e sano, ha saputo rinnovarsi e continua a macinare utili e a crescere, sia in Italia sia all'estero».
I pm, che indagano sui mandanti delle stragi del '93 e per questo avevano iscritto nel registro degli indagati proprio il Cavaliere e Marcello Dell'Utri, concludono ora che Scalfari aveva visto giusto. Si, il debito era una zavorra di 4 mila miliardi. Ma l'assedio invocato non ci fu e ci fu invece, con l'utilizzo di vari strumenti tecnici, un miglioramento della situazione del gruppo che aveva l'acqua alla gola.
Palazzo Chigi salvó Berlusconi dal crollo? Tesi vecchie, costruite all'incrocio fra segmenti della magistratura e stampa progressista, ragionamenti già contestati e smentiti dal diretto interessato. Il 19 luglio 1993, insomma il giorno dopo l'attacco scalfariano, Berlusconi replicava per le rime con un lungo articolo pubblicato proprio dal Giornale. Si, l'indebitamento c'era, «meno comunque di 4000 miliardi», puntualizzava Berlusconi, «ma il sistema creditizio ha concesso e continua a concedere fiducia al mio gruppo ben conoscendo i risultati positivi di tutte e quattro le sue divisioni». Insomma, nel 93 Fininvest era «una grande realtà imprenditoriale», dinamica e proiettata verso il futuro, penalizzata semmai e costretta a spese ingenti per sostenere il confronto sfiancante con la Rai, intenzionata in tutti i modi a «buttare fuori mercato il concorrente privato».
Per questo la Rai, sottolineava il Cavaliere, «non ha esitato ad accrescere il proprio indebitamento costringendo Fininvest, priva della diretta, a fare altrettanto per non perdere la propria quota di ascolto». Trenta anni dopo, siamo di nuovo al punto di partenza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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