Ricolfi: "Il partito per Draghi può valere fino al 15%. Ma ora rimanga a Palazzo Chigi fino al 2023"

Il politologo: "Il premier non ha ancora salvato la Patria però ci ha liberato da Conte. Attenzione a non ripetere gli stessi errori dal suo predecessore"

Ricolfi: "Il partito per Draghi può valere fino al 15%. Ma ora rimanga a Palazzo Chigi fino al 2023"

Professor Luca Ricolfi, si sta formando un «partito per Draghi» in Parlamento? Un'area politica che si riconosce nel piano di riforme del Pnrr?

«Riconoscersi nel piano di riforme, in concreto, credo significhi soprattutto mettersi in condizione di avere qualche voce in capitolo quando si tratterà di decidere in dettaglio a chi distribuire le risorse. Da questo punto di vista sarebbe strano che non ci fosse un partito di Draghi. Se invece per partito di Draghi intendiamo una formazione politica che si presenta al voto, tenderei a dire che già c'è, ed è il partito di Calenda che, a differenza di quello di Renzi, non è macchiato dal peccato originale».

Quale peccato originale?

«Quello di avere un leader che, con la scusa di salvarci da Salvini, ci ha regalato un anno di follie dei Cinque Stelle, dal reddito di cittadinanza alla riforma della giustizia di Bonafede».

Ma secondo lei c'è anche uno spazio elettorale potenziale per un partito che si riconosce nell'agenda Draghi?

«In teoria, il solito 10-15% del centro. In pratica potrebbe essere molto di meno se, come è verosimile, l'operazione venisse mal condotta (vedi il caso del partito di Monti)».

Che futuro politico vede per l'ex presidente Bce? Ancora a Palazzo Chigi o al Quirinale?

«Non ho elementi per fare una previsione, posso solo formulare un auspicio: che Draghi resti alla presidenza del consiglio almeno fino al 2023».

Perché?

«Non perché io pensi che Draghi possa cambiare davvero l'Italia (impresa impossibile senza la volontà e la spinta dell'elettorato), ma perché Draghi è l'unico in grado di evitarci i disastri che farebbero gli altri possibili presidenti del Consiglio».
Ci sono stati premier tecnici in passato che all'inizio sembravano dei salvatori della patria ma poi alla prova del consenso si sono sgonfiati. Pensa che anche Draghi rischi questa parabola?

«Sì, temo di sì. Perché anche Draghi, finora almeno, non ha salvato la patria, ci ha solo liberati da Conte (il che non è poco). La patria è tuttora in pericolo».
In che senso?

«Nel senso che Draghi non è stato in grado di evitare la quarta ondata (del resto, come avrebbe potuto, confermando Speranza?). Inoltre, nessuno sa se l'ulteriore ingente debito pubblico che l'Italia si appresta a fare ci costerà, oppure no, una nuova crisi finanziaria quando la politica della Bce sarà tornata alla normalità».

La campagna vaccinale gestita dal generale Figliuolo ha funzionato, diversamente dalla fallimentare epoca Arcuri. Lei ha visto un cambio di passo dal governo Conte a quello Draghi?

«No, se parliamo della politica sanitaria. La vaccinazione sarebbe decollata anche con Conte e Arcuri, sia pure ad un ritmo più lento e con maggiore disorganizzazione. Per il resto Draghi sta ripetendo esattamente gli stessi errori di Conte: pochi tamponi, lockdown tardivi, nessuna app efficace per il tracciamento, nessuna messa in sicurezza delle scuole, nessun rafforzamento del trasporto locale, medicina territoriale senza seri protocolli di cura».

C'è una zona d'ombra nei partiti, dalla Lega a M5S, che strizza l'occhio al mondo no vax, ed è contraria al green pass. Lei pensa che il green pass sia una violazione delle libertà individuali dei non vaccinati?

«Per me la domanda è un'altra: la situazione è così grave da rendere opportuna una limitazione della libertà per chi non vuole vaccinarsi?».

E qual è la sua risposta?

«Le rispondo parafrasando Ennio Flaiano: la situazione è grave, ma non seria. La situazione è grave, per non dire tragica, perché non solo l'Italia, ma l'umanità intera, sta correndo rischi enormi, di cui si preferisce non parlare. La situazione è non seria perché, almeno in occidente, quasi nessuno è disposto a fare delle rinunce per minimizzare tali rischi. Il ruolo della politica, in questo momento, è nascondere i pericoli e alimentare la credenza che, se solo facciamo i bravi ancora per un po', andrà tutto bene. Me lo auguro anch'io ma sulla base delle conoscenze scientifiche attuali è solo una timida speranza».
Pensa sia giusto obbligare gli insegnanti a vaccinarsi?

«Solo gli insegnanti? E i lavoratori, sempre a contatto con altri adulti? E chi sale su un autobus? Imporre la vaccinazione a una categoria mi pare un po' arbitrario. E in ogni caso, comunque la si pensi, sarebbe un abuso: un trattamento sanitario non può essere imposto con un vaccino non approvato».

Cosa ne pensa dei referendum sulla giustizia? Lei pensa di firmarli?

«Certo che li firmerò.

Io penso che la magistratura italiana sia divorata da un cancro. La riforma è un'aspirina, i referendum sono un intervento chirurgico. Ma il mio vero timore è che nemmeno l'intervento servirà, perché le metastasi sono ormai troppo avanzate».

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