Prima di tutto «Roma va normalizzata». Bisogna «uscire dalle logiche emergenziali su tutto, dai rifiuti ai trasporti», dice il candidato sindaco del centrodestra nella Capitale Enrico Michetti.
L'ultima emergenza è quella dei rifiuti, con branchi di cinghiali a caccia di cassonetti stracolmi. Scene già viste dai romani.
«Non ci possiamo abituare a queste scene. Sta diventando pericoloso, senza contare il problema igienico sanitario. Alla base c'è l'assenza totale di pianificazione, con responsabilità che sono per metà del Comune e per metà della Regione. Per smaltire e trattare rifiuti c'è bisogno di impianti di utilizzo e riciclo, abbiamo un termovalorizzatore a San Vittore ma va implementato. Roma va normalizzata a partire dai servizi essenziali».
Che mancano soprattutto nelle periferie?
«Le periferie ci chiedono tutto: dai parchi agli impianti sportivi, a luoghi di condivisione per gli anziani, per non parlare dei trasporti, ora inadeguati per chi si deve recare sul posto di lavoro. Non solo. Quello che soprattutto i cittadini mi chiedono - e questo dal centro alle periferie - è più sicurezza. La sua mancanza si avverte nel momento in cui si va nelle stazioni, che ormai sono largamente occupate da soggetti che non hanno alcun titolo e che imperversano come se ci trovassimo in uno stato di totale abbandono. Serve un ripristino della legalità. Qualche giorno fa alla stazione Tiburtina ho visto con i miei occhi il degrado assoluto, e quella dovrebbe essere uno dei biglietti da visita per chi arriva nella Capitale».
A proposito, il turismo a Roma è ancora lontano dai livelli precovid.
«Il turismo nelle città d'arte fatica ancora. Avrebbe bisogno di logistica, ci servono chilometri in più di metropolitana, non solo monopattini. La sofferenza economica dopo la pandemia è molto forte anche nel centro storico - basti pensare alla Galleria Sordi dove sono rimaste due attività aperte, o a via Veneto, insomma i luoghi della dolce vita ora abbandonati. La situazione è disperata per chi aveva e ha attività commerciali, questo significa che la città sta diventando meno attrattiva e incapace di produrre ricchezza».
Come se ne esce?
«C'è bisogno di una scossa per semplificare i regolamenti e diventare attrattivi, favorire coloro che vogliono investire a Roma. Fare tutto ciò che consenta con agilità e immediatezza l'apertura di attività produttive nel commercio e non solo. C'è un ingorgo burocratico pazzesco, un'amministrazione ostativa che interviene sempre con provvedimenti che offrono una buona ragione per rinunciare agli investimenti».
Non teme che un'eccessiva semplificazione favorisca infiltrazioni criminali?
«La corruzione si annida nella complessità, la via è semplificare le norme e assistere dirigenti e funzionari di fronte a scelte complesse attraverso atti di indirizzo politico chiari e coerenti. Questo permette di firmare atti legittimi in tempi ragionevoli».
Il centrodestra sembra sempre più diviso, Giorgia Meloni nelle ultime ore ha messo in dubbio la candidatura di Occhiuto in Calabria. Teme queste frizioni?
«Fanno male, ma spero si possano ricomporre le fratture. Posso dire che a Roma non c'è alcun riflesso di quanto sta avvenendo, anzi c'è un'unità straordinaria, in questa campagna elettorale la vera ricchezza è che la coalizione è forte e coesa. Mi sento spesso con tutti i leader, con cui ho un ottimo rapporto e la massima condivisone dei progetti».
Fare il sindaco di questi tempi espone a molti rischi, soprattutto giudiziari. Ci ha pensato?
«Certo.
Ci vogliono coraggio, competenza e il sentirsi romano fino in fondo, come me. La preoccupazione c'è ma prevale la voglia di accettare questa sfida: poter fare del bene per la comunità a cui appartieni è un'opportunità che sulla bilancia pesa molto di più dei rischi che si possono correre».
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