L'avvocato Adolfo Di Maio è professore emerito di Diritto civile dell'università La Sapienza di Roma ed è stato componente del Csm negli anni 80.
Professore, la riforma del processo civile appena approvata dal parlamento è quella che aspettavamo da decenni?
«Sono favorevole ad una semplificazione del rito, oggi troppo complicato e spero che questa riforma riesca a renderlo più agile. Ma la semplificazione non basta, ci vorrebbe di più».
Che cosa?
«Per me occorrono termini perentori in cui i giudici devono emettere le sentenze, mentre ora ci sono paletti solo per le parti. Tempi contingentati, come si è fatto per il processo penale. Io vorrei anche l'eliminazione dell'appello e che la collegialità fosse restituita al primo grado. Tre gradi è un lusso che non ci possiamo permettere, vanno ridotti a due».
Si tratta, come ha sottolineato la ministra Cartabia, di una delle riforme vincolanti per il Pnrr e quindi del rispetto degli impegni presi con l'Europa. È questo che ha messo fretta al governo?
«Senza dubbio. D'altronde, negli altri Paesi europei i processi civili durano molto meno che da noi e questo anche per la forte professionalità dei giudici, mentre in Italia non sempre la professionalità è efficiente».
Per lei i tempi lunghi nel civile non dipendono solo dal sistema farraginoso ma anche dallo scarso impegno dei magistrati?
«Sì, per questo darei maggiore potere ai presidenti delle corti perché svolgano una funzione di incentivo e controllo dei magistrati, che ora c'è ma rimane sulla carta. Serve poi minore discrezionalità, con la decadenza automatica di proporre ricorso, in base a criteri oggettivi. Anche per gli avvocati ci vogliono termini precisi. Serve che si segua un processo scritto, senza consentire che ogni volta aumenti di volume per nuove richieste delle parti».
Tra le novità c'è il potenziamento di Adr, la procedura di risoluzione alternativa delle controversie e mediazione. Il suo giudizio?
«La mediazione funziona e va incentivata, migliorando anche la qualità dei mediatori, che oggi hanno compensi troppo bassi».
Si è detto che rendere più rapidi i processi civili, si punta al 40 per cento, attrarrà in Italia investimenti stranieri. Sarà davvero così?
«Questo è l'obiettivo e sarebbe notevole, ma ho qualche dubbio, visto che oggi i processi arrivano a 10 anni, con ogni fase che dura 2-3 anni. Limitare l'appello in Cassazione a cause con un certo valore patrimoniale, come in Germania, aiuterebbe. Oggi si arriva al grado più alto anche per pochi spiccioli. Così, effettivamente, gli investimenti stranieri nel nostro Paese potrebbero aumentare».
Per gli imprenditori che cosa e quanto cambierà?
«Oggi abbiamo un tribunale delle imprese che funziona abbastanza bene ma andrebbe potenziato, anche in questo caso con una maggiore professionalità dei giudici e magari integrandolo con esperti della materia, come è già previsto».
E per i proprietari di case?
«La vera novità per le locazioni ci sarà quando, come in tanti altri Paesi, per far uscire di casa l'inquilino che non paga sarà sufficiente un provvedimento dell'autorità di Pubblica sicurezza che accerti una morosità grave. Insomma, bisogna sottrarre lo sfratto alla giurisdizione del giudice».
Il sì della Camera arriva nel giorno dedicato a livello internazionale alla lotta contro le violenze sulle donne: le vittime avranno più tutele?
«Le attuali norme vanno senza dubbio rafforzate, perché la denuncia delle donne vittime di violenza sia seguita da misure rigorose. La cosa più importante è far sentire la presenza dello Stato.
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