Il balbettio del leader dell'Anm alla Festa del Pd

Al dibattito alla Festa del Pd a Reggio, Santalucia all'angolo sui nodi della giustizia

Il balbettio del leader dell'Anm alla Festa del Pd
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«Se avessimo la verità in tasca non si farebbero i processi, l'assoluzione non è un errore del pm ma la prova che il sistema funziona». Il claudicante paradosso del leader Anm Giuseppe Santalucia non trova applausi ma solo la complicità della responsabile Giustizia del Pd Debora Serracchiani. A Campovolo il campo largo è un deserto di poltroncine vuote, alla stazione l'autista di un bus ce l'aveva fatto capire rispedendo al mittente il nostro invito a partecipare alla Festa dell'Unità: «Io non la penso come quelli lì». Non basta la presenza del «nemico» Alessandro Sallusti sul palco della kermesse nazionale del Pd per infiammare militanti o curiosi, neanche quando provocatoriamente il direttore del Giornale chiede «lo scudo per i politici».

Si parla di durata dei processi ed emergenza carceri, sul Csm e lo strapotere delle correnti le posizioni sul palco restano distanti, colpa di un testo «squilibrato» secondo Santalucia. «La vera separazione delle carriere fa fatta tra pm e giornalisti», è la battuta di Sallusti. «Il Pd è nettamente contrario, indebolisce la magistratura e dà più poteri ai pm», replica la Serracchiani. Santalucia insiste con il solito mantra («non c'è un complotto contro il governo») mentre il centrodestra a suo dire resta ancorato «alla contrapposizione tra giustizia e politica, seguendo il trentennio berlusconiano. Ma il cantiere giustizia è sempre aperto - ricorda il leader Anm - non è vero che le toghe sono contrarie. Separare le carriere crea inquirenti più forti, più innamorati del processo. Il fine non dichiarato è controllare politicamente i pm».

Sallusti allora affonda il colpo: «La magistratura non si può criticare o apriti cielo, si sente investita di una missione divina. Che la giustizia non abbia a che fare con il potere è una contraddizione in termini ma che non ne abbia fatto buon uso è nei fatti, come quando la Procura di Milano diede in mano a me l'avviso di garanzia contro Silvio Berlusconi quando gli fece più male, nel giorno del G8 di Napoli. Nove governatori negli ultimi dieci anni si sono dimessi per indagini e sono stati assolti - sottolinea Sallusti - è una violazione impunita della volontà popolare. Facile dire Giorgia Meloni non si occupa di carceri, poi però all'ennesimo femminicidio si chiedono più manette. E poi le riforme le avete sabotate voi», vedi la riforma Castelli mai decollata.

Difficile dargli torto: «Condivido la premessa di Sallusti, chi ha coltivato la superiorità morale è da condannare», ammette Santalucia. La Serracchiani si riprende il palco ma non riesce a stare al passo dei due, evoca divisioni interne al centrodestra tra una Forza Italia garantista e una Lega «ancora legata al cappio che abbiamo visto in Parlamento, mentre Fdi tenta di fare norme di pan-penalismo emozionale», vagheggia errori sul Pnrr e conflitti tra poteri legati alle riforme su Autonomia e premierato. E quando evoca l'eroe antimafia Carlo Alberto Dalla Chiesa nel 42esimo anniversario della morte, chiede all'esecutivo di non fare passi indietro sulla lotta alla mafia, vedi le critiche del Guardasigilli Carlo Nordio al «concorso esterno». Sallusti ricorda Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: «Furono processati in vita dal Csm, la magistratura non ha mai fatto mea culpa». Allora Santalucia mastica amaro: «Ci fu un errore forte di comprensione, capita. Erano i più bravi si spinsero troppo avanti». Sallusti insiste, sottolinea «i tremila innocenti in carcere per l'uso disinvolto della custodia cautelare» e ricorda la nomina di David Ermini a vicepresidente del Csm durante una cena privata, davanti a un pm e un politico indagati, poi accusa: «Con quale moralità si contesta a Giovanni Toti di essere salito sulla barca di un imprenditore?».

Santalucia prova a salvarsi in corner: «A Toti non si contesta di essere salito su una barca ma la corruzione e quindi una violazione penale, ma è un presunto innocente», È la Serracchiani a glissare sull'ex parlamentare Pd («mi sfugge il riferimento a Ermini»), non basta evocare le troppe mamme in cella coi figli, l'emergenza carceri e la drammatica escalation dei suicidi dietro le sbarre per strappare ai pochi militanti rimasti un applauso convinto. Sipario.

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