Dall'Autorità nazionale anticorruzione piovono pesanti dubbi sul nuovo Codice degli appalti. È il presidente Giuseppe Busia a paventare la possibilità che nei piccoli Comuni possano prevalere relazioni e parentele sul merito. Una presa di posizione che scatena la bufera, con la Lega sulle barricate. Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d'Italia, chiede di uscire dalla logica del pregiudizio e di provare a giudicare sui fatti.
Presidente Foti, cosa pensa delle parole del presidente dell'Anac?
«Tutto è criticabile e opinabile, ma le riforme bisogna vederle alla prova del nove, è tutto un po' eccessivo. Mi chiedo: ma questo nuovo codice possiamo almeno farlo partire e giudicarlo sui fatti e non sui pregiudizi? Mi hanno insegnato che la perfezione era dei santi, ora vorrebbero ritrovarla solo nelle leggi del centrodestra».
È imputabile al governo un eccesso di semplificazione?
«Il lavoro sul Codice degli appalti nasce su input del Pnrr. È figlio di una legge delega approvata nella passata legislatura e il Consiglio di Stato ha avuto un ruolo decisivo nella sua definizione. Inoltre sono state audite 130-140 associazioni, lo stesso parlamento ha presentato osservazioni. La corruzione non la si cancella per legge. Se si vuole dare un peso diverso alle soglie ci può stare, ma se si vogliono bypassare le soglie si spezzano i lavori in due. Insomma non mi pare ci siano le condizioni così drammatiche che si vogliono paventare».
Qual è la novità più importante del nuovo Codice?
«La digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti è la vera novità di questo codice, certo richiede uno sforzo organizzativo da parte di tutte le amministrazioni per adeguarsi, ma è uno degli elementi qualificanti. Poi c'è la progettazione che passa da tre a due livelli e l'appalto integrato. C'è molta demonizzazione, io credo sia importante rendere tutto molto chiaro e fare in modo che tutto sia chiarito in fase di appalto».
I Comuni saranno in grado di gestire le novità?
«Ci sono circa cinquemila piccoli comuni in Italia, il personale dedicato è fortemente limitato, se non simbolico. Dobbiamo cercare di fare in modo che nell'ambito di un precetto di legalità tutti possano gestire una possibilità di appalto, attraverso la semplificazione. Di certo serve un periodo di formazione e un supporto della PA».
L'altro grande fronte è quello del Pnrr su cui è scattato l'allarme ritardi.
«Giorgia Meloni lo aveva detto fin dall'inizio che bisognava rimodulare e semplificare, verificare procedure e stato di attuazione. Nella vita non è obbligatorio capire. Il punto è che le opere vanno collaudate entro il 31 dicembre 2026. Bisogna onestamente guardare alle opere che possono essere concluse per tale data. Bisognerebbe tifare tutti per l'Italia, senza gufare contro noi stessi».
Gli obiettivi del Pnrr sono raggiungibili?
«La possibilità di raggiungere traguardi importanti c'è. Non mi spavento. Ma bisogna assumersi la responsabilità di guardare le cose fino in fondo per non trovarsi tra un anno a pentirsi di non averlo fatto».
Il tema dei ritardi dello scorso governo è però ancora al centro del dibattito.
«Il che ci impone di recuperarli. Il governo Meloni è in carica da cinque mesi, questo dice tutto.
Si abbia il buon senso di evitare inutili polemiche e pensiamo a rendere effettivamente utilizzabili i fondi a vantaggio del Sistema Italia. Il ministro Fitto ha una vasta esperienza anche in ambito europeo e può rappresentare un valore aggiunto per arrivare a cogliere obiettivi importanti».
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