D opo il coronavirus si rifaranno i conti col concetto di nazione. Anche chi crede di disprezzarlo, ne vede una chiara rinascita: di fronte alle manifestazioni di forte, positiva identità che l'Italia, o quaggiù da me, Israele, è capace di dare in questi giorni di clausura e di morte, non si può che provare una sensazione di orgoglio e di commozione. Commuove chi canta «con la chitarra in mano» che dal terrazzo ricorda a piena voce la felicità di essere italiano, commuove la bandiera bianca rossa e verde dalle finestre dei reclusi, si aspetta il discorso del primo ministro in tv, o del presidente della Repubblica. Perché sono italiani. L'Italia ha di nuovo la ventura di scoprire che non è il Sud la sua parte più disgraziata, ma il Nord, e che i poveri e i ricchi sono sulla stessa barca; e così le grandi e le piccole imprese, le scuole, il lavoro e il funzionamento di tutte le istituzioni, sanità, scuola. Il funzionamento dell'Italia mette in giuoco la vita di ciascuno degli abitanti dello Stivale, a questo ci riferiamo, pensiamo, a ciò che è nostro.
Irrita profondamente la prepotenza di una nazione vicina come la Germania che dà, di nuovo, la sensazione di pensare solo a se stessa, e soprattutto è forte la percezione del tradimento della istituzione sovranazionale per eccellenza: l'Unione Europea. Anche gli europeisti più convinti sono diventati più italiani, o francesi, o inglesi. Ne va della vita. E domani, non lo si dimenticherà. L'utopia della caduta dei confini nazionali è stata chiamata all'esame, il superamento dei costumi nazionali a favore di quelli europei, la reciproca lealtà dei Paesi che siedono a Bruxelles, la cultura ultra liberale proposta dall'Unione, la pretesa solidale e moralista. Tutto questo non ha retto di fronte al coronavirus. Gli stati membri dell'Ue hanno chiuso uno a uno i loro confini, Schengen si è inabissata, vietata l'esportazione di beni ritenuti essenziali, trattenuti gli aiuti umanitari. Ha vinto l'interesse nazionale. C'è chi punta di più sulla coscienza e la solidarietà, chi sulla regola e la punizione.
Ci interessa qui dire che il concetto di nazione è rivitalizzato, esso può semplicemente significare attingere forza dai propri costumi, tradizioni, dalla reciproca lealtà, nella solidarietà naturale a fronte invece di una celebrazione di unità che è risultata retorica, inutile, burocratica, più un impedimento che una spinta.
L'aspirazione dell'Ue a cambiare il corso della storia ha scambiato lo stato nazione per lo stato imperialista del nazifascismo o di Stalin, e si è arrabattata a smantellarlo. Peccato. Non ne ha capito l'ispirazione a restare se stessi, la forza che viene dal riuscire a farlo: in tempi di pericolo di vita, avrebbe dovuto solo aiutare le nazioni disperate.
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