Di cosa si preoccupavano i deputati del Pd il 30 aprile, in piena pandemia? Degli italiani rinchiusi, dei malati o di chi aveva perso il lavoro, direte. Niente affatto: erano tutti presi a scrivere un progetto di legge per obbligare il canto di «Bella Ciao» a scuola, nonché la sua esecuzione nelle cerimonie pubbliche, subito dopo (troppa grazia!) l'Inno di Mameli. E ora la proposta, passata in commissione, sta per andare alle Camere. Se approvata, li vediamo gli alunni che, una volta superata la doppia prova tampone, mascherina non sappiamo se rossa decorata con falce e martello e intenti a non far roteare troppo i banchi, prendono a intonare il più famoso canto della Resistenza - che poi, come tutti sanno, nessun partigiano conosceva perché la sua nascita è successiva al 1945. Quando abbiamo visto la pagina del progetto di legge, prima abbiamo creduto si trattasse di un documento della Repubblica democratica tedesca, poi di un fake, di un montaggio infine, una volta appuratane la tragicomica veridicità, abbiamo strabuzzato gli occhi nel vedere, tra i nomi di vari peones, anche quello di Piero Fassino. Un dirigente importante del Partito comunista che, da responsabile esteri, i regimi che avevano trasformato l'antifascismo in uno strumento di repressione e di feroce dominio li conosceva bene. Perché si potrebbe continuare con l'ironia, e immaginare magari l'obbligo di fazzoletto rosso in un nuovo progetto di legge, oppure pensare che non si limiteranno alle scuole, e magari vorranno introdurre il «giuramento antifascista» per i professori universitari. Sorridiamo ma la questione è assai seria. Equiparare un canto della Resistenza, per altro posticcio, all'inno nazionale, è già una enormità: sulle note dell'Inno di Mameli sono morte decine di migliaia di italiani di tutte le fedi e i colori politici, in difesa della nazione. La Resistenza, invece, come mostrò a suo tempo lo storico e già partigiano Claudio Pavone, fu pure una guerra civile, tra italiani, ma anche tra esponenti stessi della Resistenza, soprattutto comunisti contro tutti gli altri. Gli antichi dopo le guerre civili imponevano l'oblio, noi le continuiamo anche settant'anni dopo, anzi vogliamo rendere istituzionale la memoria divisa. Ancora più grave l'idea di far cantare un pezzo, comunque politico e di una sola parte del paese (la Resistenza fu fatto di minoranze, come mostrò Renzo De Felice) a tutti gli studenti. Qui siamo all'inculcamento coatto di un'ideologia, e anche lo studio della seconda guerra mondiale e della Resistenza, previsto dal progetto di legge, fa immaginare una storia a senso unico. Come se già la maggior parte dei docenti della scuola non raccontasse una versione iper-ideologizzata del Novecento! Qualcuno ha parlato di Stato etico.
Certo, l'iniziativa ricorda anche il fascismo ma Giovanni Gentile aborriva il canto di inni nella scuola pubblica. Qui, più che dalle parti del filosofo siciliano, siamo infatti nell'orizzonte di Honecker e di Ceausescu.
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