Libero anche il quarto ultrà. Il gip della Procura di Napoli, Ivana Salvatore, non convalida l'arresto in differita, il terzo per gli scontri di domenica in A1, di Antonio Marigliano, 35 anni, il tifoso azzurro identificato dalle immagini delle telecamere. Perché? L'uomo, appartenente al gruppo «Brigata Carolina», stava semplicemente camminando alla stazione di servizio e non ha preso parte alla maxi rissa. Per qualcuno una beffa ma non per il suo difensore, l'avvocato Emilio Coppola che sottolinea: «Non c'è una sola immagine che testimoni la sua presenza nel momento degli scontri perché non ne ha preso parte». Marigliano, come si vede in un video integrale, ha in mano l'asta di una bandiera. «Può essere considerato un oggetto atto a offendere - continua il legale - ma lui si trovava in una zona diversa da quella dove si stavano consumando le violenze. Anzi, quando si accorge della rissa retrocede».
Quanto basta al gip per proscioglierlo dall'accusa di rissa aggravata e attentato alla sicurezza dei trasporti. «L'atteggiamento tenuto dall'indagato - si legge sull'ordinanza - non connotato da alcun intento offensivo nei confronti di cose o persone, tanto da essere ripreso mentre cammina a una certa distanza dal luogo degli scontri, portandosi in direzione opposta, induce a ritenere insussistenti effettivi motivi di necessità e di urgenza, tali da giustificare un immediato arresto». Amen.
E sale a quattro il numero degli ultrà arrestati dalla Digos e subito dopo scarcerati. Quattro su un totale di oltre 380 persone che hanno messo a ferro e fuoco per quasi un'ora il tratto appenninico dell'Autosole lanciando sassi, mazze di ferro, bombe carta e bulloni sulle auto in transito verso Nord. Uno scontro durissimo fra le tifoserie del Napoli e della As Roma che sicuramente non doveva avvenire. «Com'è possibile vietare Napoli - Roma e Roma - Napoli ai tifosi e poi si consente alle due tifoserie di percorrere l'autostrada in orari simili?» si chiede ancora l'avvocato Coppola. «Credo che chi doveva vigilare non l'abbia fatto come si deve e che ci sia stata una falla nell'organizzazione».
Secondo le indagini della Digos di Napoli, Roma e Genova le cose sarebbero dovute andare in altro modo. Ovvero che al Marassi gli ultrà azzurri ci volevano arrivare, il «duello» con i romanisti a metà strada sarebbe stato una casualità. Un «incidente di percorso». Strano, perché i napoletani sono rimasti fermi a Badia al Pino per oltre un'ora in attesa dei giallorossi. Sempre secondo gli investigatori a Genova i tifosi del Napoli si sarebbero dovuti scontrare con altre tifoserie nemiche. A dare man forte ai supporter della Samp sarebbero accorsi gli ultrà più violenti della Ternana, dell'Hellas Verona e del Bari. Tutti contro i napoletani che, però, non sono mai arrivati a destinazione. Un retroscena possibile che aggrava ancora di più la situazione negli stadi.
Ieri, nella riunione dell'Osservatorio nazionale delle manifestazioni sportive, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha garantito massima severità nei confronti degli ultrà. «Sanzionare comportamenti violenti e impropri fino alla possibilità di vietare le trasferte» promette.
Nel vertice al Viminale con il ministro dello Sport Andrea Abodi, il presidente della Figc Gabriele Gravina e quello della Lega Calcio Lorenzo Casini, Piantedosi ha affidato ai prefetti la decisione di vietare le trasferte per le partite a rischio. Insomma, niente di nuovo dal punto di vista normativo.
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