
Piero Chiambretti non si può imprigionare in una definizione. Sicuramente è sorprendente in ogni cosa che mette in scena. Oggi lo troviamo su una barca e naviga a vista.
Come nasce la sua nuova trasmissione «Fin che la barca va»?
«Ho pensato di dover tornare all'antico. Quindi una televisione di strada, o meglio di fiume. L'idea mi è venuta osservando la realtà e leggendo un testo del liceo molto celebre di Eraclito, un filosofo che ha solo 2500 anni. Il pensatore oscuro, come lo chiamavano i filosofi del suo tempo, diceva: Panta Rei, che tradotto dal greco vuol dire: tutto scorre. E poi diceva che nessuno si bagna due volte nello stesso fiume, questo per intendere la mutevolezza degli esseri umani, tutto scorre rapidamente come la vita; un inno alla precarietà che mai come oggi è concreta. Quindi ho detto: noi siamo una barca! Che naviga a vista tra mille incognite. Senza pianificare».
Lei non pianifica mai?
«A volte pianifico una settimana spesso a due giorni, quelli del week end».
Qual è il fiume?
«Il fiume non può che essere il Tevere. Perché taglia Roma, la città eterna, perché è magico, perché Roma è stata tutto e il suo contrario».
Cosa è stata Roma?
«È stata l'impero più importante della storia antica, ma è anche la Roma godona, la Roma di via Veneto, la Roma di mezzo, la Roma della politica della prima Repubblica, la Roma della seconda, la Roma di Ranieri e di Lotito. Quindi l'incrocio tra un'idea filosofica e la relatività della vita mi hanno portato qui».
La sua trasmissione è un successo?
«Ognuno di noi ha un'idea diversa di successo. Einstein diceva ai suoi allievi: Cercate di diventare non uomini di successo ma uomini di valore. Per me il successo si conquista col mostrare coraggio, avere una idea possibilmente né troppo avanti né troppo indietro, e non cercare il consenso a tutti i costi».
Qual è il segreto di questa trasmissione?
«Compri uno vedi tre: in un programma di 25 minuti ci sono tre generi televisivi. Il primo è il documentario: Roma vista di notte dall'alto con un drone che ne esalta la grande bellezza, Il secondo genere è il faccia a faccia con un ospite spesso politico, a bordo mentre navighiamo verso Castel Sant'Angelo. Persone informate sui fatti, soprattutto di politica estera. Viviamo seduti sulla bomba atomica e non lo sappiamo. Siamo nelle mani di Trump, di Putin, di Macron, di Zelensky, anche della Meloni e Salvini».
E il terzo genere televisivo?
«È la commedia, perché spesso il programma politico scende nella commedia. Il tragicamente comico vale anche come antidepressivo».
Funziona?
«Ci battiamo in una condizione complicata: andiamo in onda in contemporanea con tre grandi telegiornali: Tg1, Tg5 e Tg di La7. Per non parlare del fiume, la grande incognita della natura che quando decide non navighi. E successo 4 volte nelle prime due settimane. Abbiamo rimediato trasmettendo dai ponti o dalla barca ferma all'attracco. Si naviga sempre controcorrente».
Perché ha deciso di tornare in Rai?
«Il mio ritorno alla Rai è coinciso col desiderio di tornare dove ho cominciato la carriera, un viaggio nel tempo che fu. Devo ringraziare la Rai per avermi permesso di realizzare questo sogno romantico. Sono andato via da Mediaset, dopo 15 anni, lasciando lì tanti amici, a partire da Piersilvio Berlusconi, con il quale anche oggi continuo ad avere un ottimo rapporto a distanza».
Si ricomincia dalla partenza?
«Ho 35 anni di più».
E questo è un handicap?
«Beh, non potevo ricominciare dalla strada, dai marciapiedi, rimettermi a suonare campanelli, essere molesto, essere rincorso, essere cacciato dalle sedi dei partiti o dagli stadi. Per questa ragione, venti anni fa mi son detto: Mi rinchiudo in uno studio e non esco più, sarà la mia placenta, il mio rifugio dalla giungla fuori».
La sua è una trasmissione di sinistra?
«Non è di sinistra né di destra né di centro. Io non voto da molti anni».
Ce l'ha con qualcuno?
«No, con nessuno. Voglio solo rispondere al professor Aldo Grasso che dice che il mio programma è stato copiato dal Documentario Roma Santa e Dannata di D'Agostino e Marco Giusti. Io questo programma l'ho scritto diverso tempo addietro. Lo proposi due anni fa a Mediaset. Non si trovò la collocazione e non si fece. Ora la Rai mi ha dato il via libera. Aggiungo che il Tevere è nato prima di D'Agostino e Giusti e credo anche di Grasso: lo hanno navigato gli Unni, gli imperatori romani, e prima ancora gli uomini primitivi. A proposito di storia dell'umanità.
La commissione europea ci ha proposto un Kit per sopravvivere tre giorni in caso di guerra mondiale Perfetto ma c'è un problema: al quarto giorno dove andiamo, al ristorante? Sarà difficile trovare posto, sarà tutto prenotato».
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