La rivincita del Cavaliere anche all'Aquila dopo bugie e veleni sul post terremoto

Il successo di Biondi ristabilisce la verità sulla ricostruzione fatta dall'ex premier

La rivincita del Cavaliere anche all'Aquila dopo bugie e veleni sul post terremoto

L'Aquila La grande bugia. Finalmente svelata. Ha il volto di Pierluigi Biondi la verità che mancava. Il sindaco che guiderà L'Aquila dopo aver governato per due lustri la vicina Villa Sant'Angelo, col suo successo ha dimostrato la falsità del teorema per cui Silvio Berlusconi è causa d'ogni male. Renato Brunetta, capogruppo di Fi alla Camera, è stato il primo ad annunciarlo: «La vittoria di Biondi sarà il segno del ritorno dell'onore a Berlusconi». Onore pubblico, perché il legame con la gente d'Abruzzo non era mai venuto meno. Solo faceva gioco tacerlo.

Era così da quella terribile notte del 6 aprile del 2009, con gli orologi e i cuori fermati alle 3.32 dalla scossa magnitudo 6.3 che si portò via 309 vite. In 100 giorni la Protezione Civile di Guido Bertolaso tirò su 5.653 abitazioni (4.449 in muratura e 1.204 in legno) per 25.000 sfollati. Le new town del progetto «C.a.s.e»: nuovi quartieri sparsi attorno alla città. Appartamenti da una sessantina di metri quadrati in edifici residenziali. A sinistra li bollarono subito come ghetti. Poi vennero gli «scariolati»: di domenica entravano nella zona rossa a raccogliere macerie per richiamare l'attenzione sull'eredità del sisma. Con loro il vescovo ausiliare, monsignor Giovanni D'Ercole. Forti di tanta benedizione, ad agosto del 2010 le carriole oscurano il rito della Perdonanza, marciando contro il sottosegretario Gianni Letta. In crescendo, a novembre, l'assedio a Berlusconi. Basta il clamore di pochi per permettere titoloni sugli aquilani che si ribellano al centrodestra, capitanati da eroici condottieri. Stefania Pezzopane, ad esempio: presidente della Provincia nei giorni del dramma, sconfitta nel 2010 è prontamente arruolata in Comune: assessore alla ricostruzione. Nel 2013 fa il salto a Roma, da senatrice. Titoli di merito? L'odio per gli avversari. Mirabilmente sintetizzato nella soluzione politica finale, esposta nella primavera del 2014 durante un comizio a sostegno del dimissionario (per finta) sindaco Pd Massimo Cialente: «Quelli del centrodestra? Sterminiamoli tutti».

Il tempo, galantuomo, s'è incaricato di far giustizia. Il modello L'Aquila, che pure avrà avuto i suoi difetti, è punto di riferimento per mezzo mondo. Le inchieste sui presunti affari sporchi legati al terremoto hanno affondato il centrosinistra (aperto il 15 giugno il processo per corruzione a carico dell'ex vicesindaco dem Roberto Riga). Soprattutto, la città ha scelto un sindaco che ha fatto della campagna elettorale un'operazione verità. «Il governo Renzi ha stanziato 5,1 miliardi in tre anni, meno della metà dei 10,5 miliardi messi a disposizione dal governo Berlusconi oltre a 600 milioni per l'abbattimento delle tasse, grazie all'emendamento dell'ex sottosegretario Letta», è andato in giro a spiegare Biondi. E giù con i numeri: «I cantieri delle periferie sono stati attivati col plafond di 2 miliardi di Cdp operativo dal luglio 2009, mentre quelli dei centri storici sono stati finanziati con 1,5 miliardi della delibera Cipe del dicembre 2012, ma a valere su fondi del decreto 39 del 2009.

E in quella stessa delibera c'erano i primi 100 milioni per lo sviluppo economico del cratere, l'edilizia pubblica e la smart city, ricondotti dall'opera mistificatoria del Pd ai governi successivi a quello Berlusconi».

Tutto vero. Gli aquilani lo sapevano. Non a caso, il centrodestra ha vinto.

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