I social network non si sono limitati a registrare l'assalto al Congresso degli Stati Uniti (ad esempio, con 437 tweet al secondo, per un totale di 23,4 milioni). Twitter ha bloccato l'account di Donald Trump per 12 ore e lo ha minacciato di un blocco permanente. Facebook prima lo ha sospeso per 24 ore e poi fino al termine del mandato. Le due piattaforme, così come YouTube, hanno inoltre rimosso un video in cui Trump esortava i suoi sostenitori a «tornare a casa» rinnovando però le accuse di broglio riguardo alle elezioni presidenziali che lo hanno visto sconfitto da Joe Biden. Trump è stato cancellato per le «ripetute e gravi violazioni della nostra politica relativa all'interesse pubblico» (così Twitter). Mark Zuckerberg, l'inventore e proprietario di Facebook, ha scritto un post per spiegare la sua posizione: «Gli eventi scioccanti delle ultime 24 ore dimostrano chiaramente che il presidente Donald Trump intende utilizzare il suo restante tempo in carica per minare la transizione pacifica e legale del potere al suo successore eletto, Joe Biden». Le parole di Trump rischierebbero di provocare «ulteriori violenze». A nulla è valsa la resa del tycoon, che aveva cancellato il video e altri due tweet «ambigui» per farsi restituire i preziosi profili. È questo l'ultimo, clamoroso scontro di una battaglia iniziata nel corso della campagna elettorale, quando i messaggi di Trump erano bollati da un avviso dei social: attenzione, bufale.
In teoria non ci sarebbe niente di scandaloso. Twitter e Facebook sono aziende private: scelgono una linea e stabiliscono le regole d'accesso. Tuttavia, negli ultimi anni, i social hanno dato la sensazione di privilegiare l'informazione politicamente corretta e di nascondere, dietro alla lotta contro le fake news, la censura dei contenuti di «destra». Il mito della neutralità tecnologica traballa perché la «linea» non riguarda soltanto la tutela della privacy. È una linea editoriale, orientata a favore dei Democratici. La destra ha iniziato ad avvertire i social network come una minaccia alla libertà d'espressione. D'altro canto, la sinistra accusa: l'uso improprio dei social rischia di trasformarli in uno strumento eversivo per diffondere idee estremiste e organizzare manifestazioni come quella di mercoledì. Proprio ciò che ha detto Zuckerberg, in sostanza.
Comunque la si pensi, l'oscuramento di Trump dimostra l'esistenza di una agenda politica. Fino a oggi il problema è stato impostato in questo modo: se Facebook e Twitter si comportano da editori, allora devono essere sottoposti alle stesse leggi dell'editoria. Ad esempio, devono essere responsabili, dal punto di vista giuridico, dei contenuti diffamatori che appaiono sulle piattaforme. Ve lo immaginate? Sarebbe la fine istantanea di internet stesso. Per questo, esistono «scudi legislativi» che permettono ai social di campare tranquilli.
Forse siamo andati un passo oltre le simpatie politiche più o meno evidenti. I social infatti si comportano con i loro utenti come farebbe uno Stato con i suoi cittadini.
Siamo sicuri di essere ancora all'interno di un rapporto privato tra fornitore e fruitore di un servizio? Probabilmente i colossi del Web saranno il modello di gestione del potere di questo millennio. Presto o tardi, sarà necessario capire cosa siano esattamente dal punto di vista giuridico.
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