Le masse si muovono quando inseguono una voce, una rabbia condivisa che si nutre di parole e si diffonde a ritmo esponenziale. Le rivoluzioni, come la musica, hanno bisogno di un'acustica, di amplificazioni. Parigi queste cose le sa, le ha già vissute. Non basta l'inquietudine, la disperazione, il senso d'ingiustizia o quella sensazione di non avere un futuro. Servono le parole. La presa della Bastiglia, in quel 14 luglio del 1789, è stata prima sognata nelle caffetterie.
È al Café Procope, battezzato così da Francesco Procopio di Acitrezza, che le idee dell'illuminismo escono di casa. Le idee di un uomo venivano giudicate in base al Caffè che frequentava. C'è sempre qualcuno che trova un pulpito e incarna le paure e il rancore per segnare la strada della rivolta. «Alle armi! Alle armi!» È quello che il poeta Camille Desmoulins urlava, dopo parecchi bicchieri di troppo, il 12 luglio in precario equilibrio su un tavolo del Café de Foy. Non ha mai ricordato bene le parole del suo discorso, ma oltre a qualche passo del suo pamphlet La France libre suggerì di usare una coccarda verde come segno di riconoscimento. Alla fine tutti lo abbracciarono e lui pianse commosso.
Due giorni dopo una folla disordinata saccheggiò il deposito di armi dell'Hôtel des Invalides (cannoni e moschetti, ma niente polvere da sparo) e si incamminò verso la Bastiglia. Il resto più o meno si sa. La carriera di rivoluzionario di Desmoulins finì male, fu ghigliottinato dal suo migliore amico e testimone di nozze, Maximilien de Robespierre. Tutto è rumore. Quando le masse entrano nella storia, e questo accade e riaccade nei secoli con sempre più fragore, non c'è più nulla di certo. I vecchi mondi sbandano e le istituzioni si sgretolano.
È successo nella Roma repubblicana del primo secolo avanti Cristo, con le guerre civili e la dissacrazione del mos maiorum. E poi con le rivoluzioni mercantili che segnano il lento addio al Medioevo e ancora con la rivoluzione francese, con i café parigini che amplificano le voci degli intellettuali sradicati, fino a sollevare il popolo. Accade all'inizio del vecchio secolo, quando viene battezzata la modernità, in quell'Europa di moltitudini che non piaceva a Ortega y Gasset.
L'ultimo arrivo è sotto i nostri occhi e le masse sono esponenziali, tanto da scardinare a colpi di like l'ordine di una civiltà che non crede più in se stessa. È quello che sta accadendo adesso in Francia. I social sono il luogo dove parole e sentimenti si ritrovano e rimbalzano e esondano. È la stessa logica dei café, con amplificatori da concerto heavy metal.
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