Rosa e Olindo, la verità delle difese

I legali: "Frigerio soffriva di amnesie, in casa niente sangue". Il 10 luglio decisione finale

Rosa e Olindo, la verità delle difese
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Ancora davanti al pubblico delle grandi occasioni (alle 7 del mattino fuori dal Tribunale di Brescia c'era già la coda per accaparrarsi i primi 50 posti), ancora con la presenza in aula di Rosa e Olindo, ancora in un clima di tensione tra le parti. Nel secondo giorno di udienza sul processo di revisione per Romano e Bazzi - condannati per aver ucciso a colpi di coltello e spranga Raffaella Castagna, suo figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini l'11 dicembre 2006 tocca alla difesa dei coniugi.

Sono tre i pilastri sui quali si fonda l'intera tesi del poker di legali della coppia: la confessione di Rosa e Olindo influenzata da «pressioni e promesse» e contraddistinta da «243 errori», i dubbi sulle macchie di sangue («mai trovate in casa») e la testimonianza ritenuta sospetta di Mario Frigerio. Tre presunti errori commessi durante le indagini sulla strage di Erba che potrebbero convincere i giudici della Corte d'Appello di Brescia dell'esistenza di nuove prove.

Il primo e più incisivo affondo è proprio sul supertestimone Frigerio, che in un primo momento descrisse l'aggressore come un uomo con la «carnagione olivastra» e che poi aveva fatto il nome di Olindo. «I primi giorni non ricordava niente. Frigerio non riconobbe Olindo Romano il 26 dicembre», attacca lo storico avvocato dei coniugi Fabio Schembri. E allora ecco la tesi: a causa dell'intossicazione da monossido di carbonio dovuta all'incendio divampato in casa, Mario Frigerio sarebbe stato vittima di «amnesia anterograda», una lesione al cervello che porta all'incapacità di ricordare informazioni acquisite prima della cerebrolesione. Secondo Schembri, quando Frigerio afferma di aver riconosciuto Olindo «il deficit cognitivo aveva raggiunto il suo apice». In sostanza avrebbe individuato immediatamente un volto familiare anziché un volto sconosciuto. Poi il focus si sposta sulla figura dei due condannati, in carcere da 17 anni, e sulla loro confessione. È forse il momento più atteso del processo. Per Schembri le «pressioni e promesse» fatte a Olindo e Rosa prima delle confessioni, insieme ai loro disturbi mentali emersi dalle recenti consulenze, furono tali da «coartare la loro volontà»: al 62enne sarebbe stato infatti prospettato che non avrebbe più visto la moglie. E lui confessa. Lei fa lo stesso. «Olindo cerca di salvare Rosa e Rosa cerca di salvare Olindo», è l'assioma della difesa - secondo la quale si sarebbe arrivati alla confessione congiunta («dove ci sono 243 errori») soltanto per protezione reciproca.

E mentre l'accusa continua a soffermarsi sull'astuzia della coppia (il primo marzo scorso l'avvocato dello Stato Domenico Chiaro aveva definito Olindo degno di un Oscar per la sua ritrattazione: «Si vuole far passare come un minus habens ma non lo è affatto»), la difesa ribatte scandagliando la figura di Rosa: «Non sa prendere un autobus, non sa leggere e non sa scrivere, non sa digitare un numero di telefono».

Ecco perché secondo la tesi difensiva l'unica preoccupazione di Olindo «era quella di mandare Rosa a casa» prendendosi la colpa. L'ultimo atto del processo si terrà il 10 luglio per le eventuali repliche. Poi ci sarà la Camera di Consiglio per la decisione finale.

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