Un altro duro colpo per le finanze dell'ormai ex patron del Chelsea, Roman Abramovich, è stato inferto dalla Royal Court dell'isola di Jersey, paradiso fiscale legato alla corona britannica nella Manica, che ha disposto il congelamento di asset del valore di 5,4 miliardi di sterline (pari a circa 7 miliardi di dollari) ritenuti collegati all'oligarca russo più in vista.
Secondo le autorità locali si tratta di somme che si «sospetta siano legate alle attività» economiche di Abramovich, non necessariamente al suo patrimonio personale. Nell'ambito dell'operazione, la polizia dell'isola ha fatto irruzione in alcuni locali in cui si sarebbero svolte attività collegate al magnate russo, che ha da tempo connessioni note a Jersey. Sotto la lente è finita in particolare una società finanziaria, la Camberley International Investments Ltd, con sede nel paradiso fiscale, che risulta aver fornito un grosso prestito da 1,4 miliardi di dollari alla gestione del Chelsea, la squadra di calcio londinese recentemente ceduta dall'oligarca dopo 20 anni di successi. La decisione di Jersey arriva mentre separatamente le Isole Cayman - un altro paradiso offshore, che rientra tra i territori britannici d'oltremare - hanno annunciato di aver congelato circa 7,3 miliardi di dollari di attività economiche legate a individui e società russe già sanzionate dal Regno Unito.
Per quanto riguarda Abramovich, sono settimane che i tabloid inglesi raccontano la caduta del cosiddetto «Roman Empire», come lo chiamano i media britannici. Il suo patrimonio complessivo, stimato intorno ai 12 miliardi di dollari, è già stato sottoposto a sanzioni da parte del governo di Londra e dalla Ue, non ancora dagli Stati Uniti, in risposta all'invasione russa, così come accaduto agli altri oligarchi i cui business sono ritenuti funzionali al potere di Vladimir Putin. Su richiesta dell'Ucrania il miliardario, che ha stretti legami con le comunità ebraiche sia in Ucraina sia in Russia e non ha mai nascosto una passata amicizia con il presidente Putin, ha accettato di partecipare ai negoziati in qualità di mediatore tra Kiev e Mosca. Qualcuno dice lo abbia fatto proprio per sfuggire alle sanzioni. Nonostante sia stato abile a sparpagliare in tempo parte delle sue fortune fra Israele, Emirati, Turchia e altri Paesi rimasti estranei a qualunque forma di embargo anti moscovita, Abramovich ha subìto comunque il congelamento di asset importanti custoditi fra a Londra e dintorni. Si tratta di proprietà extra lusso, di collezioni d'arte e beni vari che al momento il magnate non può toccare né liquidare. L'impossibilità di movimentare denaro in Europa o di spostare verso Occidente quello accantonato in Russia stanno inevitabilmente creando problemi di liquidità ad Abramovich e a tutti gli oligarchi che, come lui, sono stati colpiti dalle sanzioni.
Anche perché una vita di sfarzi in giro per il mondo come quella a cui è abituato da 20 anni, proprietario di decine e decine di immobili, di una mezza dozzina di super yacht (solo il più piccolo dei quali venduto secondo il Guardian a un socio non sanzionato, David Davidovich, giusto il 24 febbraio, giorno dell'attacco di Mosca all'Ucraina) e di almeno tre jet privati, comporta costi altissimi fra manutenzione e paghe al personale.
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