Rubio abbraccia Netanyahu. Inferno per Hamas (e l'Iran)

Il segretario di Stato a Tel Aviv: "I jihadisti non possono governare Gaza". Il premier: "Torneranno tutti i rapiti"

Rubio abbraccia Netanyahu. Inferno per Hamas (e l'Iran)
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Usa e Israele consolidano il fronte comune su Gaza e Iran: il segretario di stato Marco Rubio è volato a Gerusalemme dal premier Benjamin Netanyahu, tappa inaugurale del suo primo viaggio in Medioriente da titolare della diplomazia Usa, e insieme minacciano di «aprire le porte dell'inferno» ad Hamas e di «finire il lavoro» contro Teheran.

«Hamas non può continuare a essere la forza militare o governativa... deve essere eliminata», afferma Rubio: «Donald Trump è un uomo che parla in modo chiaro e inequivocabile. La prima questione su cui è stato chiaro è che gli ostaggi devono tornare a casa, devono essere rilasciati. Questo deve accadere, non è facoltativo. E il presidente è stato anche molto audace nel definire la sua visione su quale dovrebbe essere il futuro di Gaza», prosegue riferendosi alla proposta di trasferire i palestinesi dalla Striscia e di far sì che gli Stati Uniti ne prendano il controllo. «Non sono le solite vecchie idee stanche del passato, ma qualcosa di nuovo, qualcosa che francamente ha richiesto coraggio e visione per essere delineato. Può aver sorpreso e scioccato molti, ma ciò che non può continuare è lo stesso ciclo che si ripete più e più volte e finisce esattamente nello stesso posto», dice ancora il titolare di Foggy Bottom.

Mentre Netanyahu sottolinea che con Trump «lavoriamo in piena collaborazione e coordinamento, abbiamo una strategia comune e non sempre è possibile condividerla con il pubblico, incluso quando si apriranno le porte dell'inferno. E si apriranno se tutti i nostri ostaggi non torneranno, fino all'ultimo di loro». Un commento che riecheggia le parole pronunciate dal tycoon nei giorni scorsi, quando ha detto che «si sarebbe scatenato l'inferno» se gli ostaggi non fossero stati liberati sabato. Il premier ribadisce poi che il presidente degli Stati Uniti «è il più grande amico che Israele abbia mai avuto alla Casa Bianca». Bibi ha parlato anche con l'inviato speciale Usa per il Medio Oriente Steve Witkoff, e come fa sapere il suo ufficio, gli ha riferito che «domani convocherà il gabinetto di sicurezza per una discussione sulla fase due dell'accordo di tregua e rilascio degli ostaggi».

Sul tavolo c'è anche la questione iraniana, e Netanyahu ripete che «Israele e America sono spalla a spalla nel contrastare la minaccia di Teheran. Siamo d'accordo che agli ayatollah non deve essere permesso di avere armi nucleari, e che l'aggressione dell'Iran nella regione deve essere ritirata». Con il sostegno di Trump, assicura, «possiamo e vogliamo portare a termine il lavoro». Rubio, da parte sua, garantisce che «non potrebbe mai esserci un Iran nucleare»: «È importante sottolineare che, si parli di Hamas o di Hezbollah, di violenza in Cisgiordania, di destabilizzazione in Siria, di milizie in Irak, tutte hanno dietro di sé un tema comune: l'Iran». Insieme al capo della diplomazia Usa, nello Stato ebraico è arrivato pure un carico di bombe «pesanti» di fabbricazione americana. Si tratta di 1.

800 bombe MK-84 (da oltre 900 kg) recentemente autorizzate dall'amministrazione Trump, mentre Joe Biden aveva precedentemente bloccato una spedizione di munizioni per timore che potessero essere utilizzate in zone densamente popolate di Gaza.

Intanto, oggi il segretario di Stato si recherà in Arabia Saudita, attore chiave nella strategia regionale di Trump, e poi negli Emirati Arabi Uniti.

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