Eppur si muove. Anche se lentamente e con molte difficoltà. Tra bombe, missili, droni e strategie militari, in campo c'è anche la diplomazia con il complicatissimo ma fondamentale compito di cercare una soluzione che ponga fine a questa maledetta guerra. Pur nella consapevolezza di chi l'abbia voluta e chi subita. Se il Vaticano, con il cardinale Zuppi per contro del Papa, continua a tessere la propria tela, sul tavolo restano altri due protagonisti, potenzialmente credibili nonostante le palesi ambiguità: Turchia e Cina. In particolare Ankara starebbe cercando di forzare la mano e conta di ospitare Putin già nei prossimi giorni. Non è la prima volta che se ne parla ma ora l'ipotesi sembra quanto mai concreta. E sarebbe una potenziale svolta, in quanto si tratterebbe della prima visita dello Zar in un Paese Nato dall'inizio della guerra.
Il leader turco Erdogan conta di avere un colloquio con Putin già alla fine di agosto. Al centro dell'incontro due temi chiave: il rinnovo dell'accordo sull'export di grano, per il quale la Turchia ha svolto un ruolo chiave già in passato, e l'ipotesi di colloqui con l'Ucraina. Ci ha già provato il Sultano, che vorrebbe convincerlo a fermarsi. Non solo per amor di pace ma soprattutto, per accreditarsi come interlocutore forte e credibile a livello internazionale e per poi poter passare all'incasso. Fatto sta che la visita di Putin potrebbe essere davvero una svolta, considerata la totale mancanza di volontà di compromesso manifestata sinora da Mosca.
Una strategia simile a quella turca è portata avanti da Pechino. La voglia di farsi bello agli occhi del mondo e nel contempo avere mano libera per i propri interessi, leggasi Taiwan, ha spinto Xi Jinping a non appoggiare direttamente l'amico e alleato russo e, anzi, a parlare a più riprese di pace. Il dialogo tra i due «è strategico e continuo», dicono dal ministero degli Esteri cinese. E da ieri, il ministro della Difesa cinese Li Shanfu, è in visita in Russia e Bielorussia per partecipare alla Conferenza di Mosca sulla sicurezza internazionale ma anche per ribadire la propria volontà di pace in Ucraina.
Un atteggiamento meno intransigente potrebbe convenire a Mosca anche considerata la sempre più difficile situazione economica che sta vivendo. Il rublo continua nel suo crollo senza sosta, sceso sotto la soglia psicologica dei cento rubli per un dollaro. Ieri servivano 101,01 rubli per un dollaro e 110,73 rubli per un euro. Mai così in basso. Al punto che la Russia potrebbe essere costretta ad aumentare le tasse su petrolio e gas per far fronte ad entrate ben al di sotto di quanto previsto e con prospettive pessime anche per l'immediato futuro.
Non a caso, la banca centrale russa ha annunciato per oggi una riunione urgente per discutere del tasso d'interesse di riferimento, visto il crollo della valuta. E così, una Russia sempre più isolata e in crisi economica, potrebbe essere portata con più facilità sulla strada del dialogo. Per quanto dissestata e tortuosa possa essere.
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