Msi, assurda polemica contro La Russa: la sinistra si schianta ancora

I post per l'anniversario del partito diventano un caso. I dem chiedono le dimissioni

Msi, assurda polemica contro La Russa: la sinistra si schianta ancora

Dopo la fallimentare campagna elettorale agostana, tutta allarmismi e crisi scomposte per l'avvento delle destre e la restaurazione del fascismo, il Pd si aggrappa ancora ai presunti strascichi di Ventennio per fare la guerra al governo. Il pretesto? Un paio di post eccellenti in ricordo del fu Msi.

A scriverli sono stati Isabella Rauti (oggi sottosegretario alla Difesa) e il presidente del Senato Ignazio La Russa. Apriti cielo. «Fu un partito neofascista», ha sbraitato la Boldrini correndo, insieme ad altri compagni di partito, a invocare le dimissioni di entrambi. «È una deriva culturale inqualificabile - hanno urlato dal quartier generale dem - quei due sono incompatibili con i loro ruoli di governo e istituzionali». E dire che il Msi fu un partito democraticamente rappresentato in Parlamento, da deputati e senatori regolarmente scelti nelle urne. Mai si pose fuori dall'alveo costituzionale e da quella Carta che oggi gente come la senatrice piddina Simona Malpezzi usa per inforcare la bandiera dell'antifascismo.

Oggi lo sappiamo. Lo starnazzare estivo sulla restaurazione del regime fascista in caso di vittoria del centrodestra non ha portato bene ad Enrico Letta. Gli è costato una sonora batosta alle elezioni, il posto da segretario e una figuraccia colossale. Infatti, non solo con la Meloni a Palazzo Chigi il Paese non è tornato indietro di cent'anni, ma non è nemmeno scivolato in una «democratura» come aveva paventato Roberto Saviano. Sui social i vaneggiamenti di artisti radical chic, che avevano preconizzato liste di proscrizione, soppressione delle libertà e azzeramento dei diritti umani, sono oggi post invecchiati male.

Anche i dem stanno pagando a caro prezzo questa linea partigiana. Il tracollo continua anche dopo le elezioni. Eppure non sembrano imparare la lezione. Lo dimostra il clamore per i post sul Msi. Uno di questi, tra l'altro, in ricordo del padre di La Russa che, come ha scritto il presidente del Senato, scelse con il Msi «la via della partecipazione libera e democratica in difesa delle sue idee rispettose della Costituzione italiana».

Su questa ennesima, futile polemica il Pd è destinato a prendersi un'altra musata contro il muro. È, infatti, sbagliato ridurre, come fa Emanuele Fiano, il Msi a «partito fondato dai fascisti reduci di Salò» che mai hanno voluto rinnegare «il fascismo dell'omicidio Matteotti, delle leggi razziali, dell'alleanza coi criminali nazisti». La storia della Repubblica è lì a spiegargli che ha torto. Nei suoi 76 anni di cammino il Msi ha sempre rispettato la Costituzione. E negli anni più bui, quelli in cui si sparava per strada e si spaccavano le teste ai ragazzi con le chiavi inglesi, non ha mai supportato le frange più estreme dell'eversione nera.

Nessuno si aspetta che, a distanza di tanti anni, la sinistra pretenda dai suoi

un'abiura del comunismo e dai crimini che gli sono indissolubilmente legati. Ma, perlomeno, che non punti il dito contro chi ricorda un partito che ha contribuito, democraticamente, alla maturazione della destra di oggi.

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