La Russa sotto tiro di Br e antagonisti. Per Letta è colpa del centrodestra: logica incendiaria. Meloni: no all'odio

Dopo la scritta con la stella a cinque punte alla Garbatella, compare uno striscione con il nome dell’esponente Fdi a testa in giù. E l’opposizione si accanisce pure su Fontana: "Troglodita".

La Russa sotto tiro di Br e antagonisti. Per Letta è colpa del centrodestra: logica incendiaria. Meloni: no all'odio

Uno da Ignazio diventa Benito, e si ritrova scritto «a testa in giù» in nome dell'antifascismo militante. L'altro finisce nel mirino degli avversari politici che più che criticarlo lo insultano, arrivando a dargli del «troglodita». E di fronte a minacce e stelle a cinque punte, pure la solidarietà fa fatica ad accendersi, e per qualcuno non si accende affatto.Perfetto inizio di legislatura, dopo una campagna elettorale tesa e dai pessimi toni. L'elezione dei presidenti di Senato e Camera, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana, riaccende un clima avvelenato. Il cofondatore di Fdi finisce messo alla berlina per il suo secondo nome, Benito, ostentato come «prova» della nostalgia del ventennio, nonostante un discorso d'insediamento nel segno della pacificazione. Va anche peggio a Fontana, le cui posizioni soprattutto nei confronti dell'ideologia gender vengono rimarcate, marchiando la sua elezione come «divisiva», e sfociando nell'insulto. Ci ha pensato per esempio il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, a Capri per la convention dei giovani imprenditori di Confindustria. Prendendosela proprio con «Benito» La Russa, ma anche con più veemenza con Fontana: De Luce definisce Ferdinando di Borbone «un rivoluzionario» se «paragonato a lui», e poi bolla la terza carica dello Stato come «troglodita». Il tutto mentre Laura Boldrini, che ha occupato la stessa sedia di Fontana, ringhia contro l'elezione «di un putiniano, estremista, in sfregio alla Costituzione antifascista».Nel frattempo, però, a Roma spuntano minacce stile anni di piombo contro La Russa. Il primo è una scritta apparsa sulla serranda della sede Fdi a Garbatella, «La Russa Garbatella ti schifa», seguita dalla stella a cinque punte, simbolo reso tristemente famoso dalle Brigate rosse, e dalla firma «antifa». Poco dopo, a due passi dal Colosseo, ecco uno striscione ancora più inquietante, che riporta il nome della seconda carica dello Stato scritto «a testa in giù», in odore di Piazzale Loreto.«Benvenuto presidente La Russa (a testa in giù)». La firma, stavolta, è di Cambiare Rotta, «organizzazione giovanile comunista» che accanto al nome ha anch'essa una stella a cinque punte e sulla sua pagina Facebook ribadisce il concetto annunciando di voler mostrare «il significato di Antifascismo Militante». «Spero che il senso di responsabilità della politica prevalga sull'odio ideologico, perché l'Italia e gli italiani devono tornare a correre, insieme», sospira la presidente di Fdi, Giorgia Meloni, mentre Matteo Salvini, leader del Carroccio, denuncia«un clima di odio che va avanti da mesi e che continua a produrre attacchi fisici, minacce e insulti, in un momento in cui servirebbero unità e serenità». Nonostante Roberto Della Rocca, presidente dell'associazione vittime del terrorismo, gambizzato dalle Br nel 1980 inviti a non sottovalutare l'allarme, La Russa, si dice «non turbato» e ringrazia per la solidarietà. Che arriva, ma col contagocce e non da tutti. La più decisa è la presidente dei senatori di Azione/Iv Raffaella Paita, che condanna il «gravissimo atto di intimidazione» e dice «basta con l'infame clima di odio e con la politica urlata». Dai Dem arriva la solidarietà a La Russa dal coordinatore della segreteria Marco Meloni, dalla senatrice Simona Malpezzi e dalla capogruppo a Montecitorio Deborah Serracchiani, che si scaglia «contro l'uso delle minacce e della violenza politica chiunque ne sia vittima». Spicca il silenzio dai pentastellati. Anche nel Pd qualcuno non si allinea. Andrea Orlando ironizza: «La Meloni ha detto che sono impegnati ad unire il Paese e non a dividerlo. E hanno eletto La Russa e Fontana. E se volevano dividerlo che facevano?». Enrico Letta, da Berlino, accusa il centrodestra di «logica incendiaria» e avverte, quasi minaccioso: «Chi ha vinto, invece di riappacificare il Paese, lo sta dividendo. Ma chi semina vento non può che raccogliere tempesta».

Parole pesanti, che spingono la leader di Fdi a chiedere «scuse immediate», definendo«gravissime» le affermazioni di Letta, che tra l'altro per Meloni rappresentano «un danno per l'Italia, le sue più alte istituzioni e la sua credibilità internazionale». Le scuse non arrivano. Ma, via Twitter, Letta almeno si accorge delle minacce, esprimendo la solidarietà«mia e di tutto il Pd» per quelle «scritte inaccettabili».

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