La Russia sempre più a picco. E Obama tenta il colpo del ko

Non basta la stretta sui tassi, alzati di quasi 7 punti: per comprare un euro ci vogliono 100 rubli. In arrivo nuove sanzioni Usa

La Russia sempre più a picco. E Obama tenta il colpo del ko

Li avevano ordinati in tutta fretta nei giorni scorsi, in previsione del peggio. E il peggio è subito arrivato, costringendo ieri gli istituti di credito russi a esporre i nuovi tabelloni sulle valute, quelli con display a cinque cifre. Sempre più spaventati per il futuro dei propri risparmi e indecisi se tagliare il cordone ombelicale con le banche, i clienti hanno così appreso che per acquistare un solo euro occorrevano 100,10 rubli, quando solo un mese fa ne bastavano poco più di 50. Il cambio sfibrato dalle quotidiane svalutazioni è il riflesso di un Paese alle corde, incapace di reagire di fronte all'uno-due devastante portato dalle sanzioni economiche e dal crollo delle quotazioni del petrolio, la risorsa che dovrebbe coprire metà del budget nazionale.

Come misura estrema per arginare la caduta monetaria, costata da inizio anno una svalutazione della divisa nazionale superiore al 60% anche nei confronti del dollaro, nella notte di lunedì la banca centrale russa aveva deciso di alzare i tassi dal 10,5 al 17%. Una mossa da disperati: se restano tutti da verificare gli effetti di contrasto all'inflazione, pericolosamente avviata verso una crescita a doppia cifra, di sicuro il giro di vite avrà implicazioni negative su un ciclo economico debolissimo. Proprio l'istituto guidato da Elvira Nabiullina aveva, qualche giorno fa, gelato i mercati con l'annuncio choc che nel 2015 la Russia dovrà affrontare una dura recessione, stimata in un -4,5-4,7% del Pil. Per il momento, l'obiettivo di raffreddare i rapporti di cambio non è stato centrato: a fine giornata occorrevano ancora ben 84,55 rubli per comprare un euro (contro i 78 di lunedì) e 68,58 per acquistare un dollaro (60 l'altroieri).

«Non avremmo mai potuto immaginare quello che sta accadendo, si materializzano i nostri incubi peggiori», ha dovuto ammettere il numero due della banca centrale russa, Sergei Shvetsov. Sebbene il rapporto debito-Pil sia circoscritto al 9% e le riserve valutarie non siano state ancora dissanguate dagli interventi a difesa del cambio, banche e aziende devono ripagare entro la fine del prossimo anno una somma di almeno 134 miliardi di dollari, tutti debiti in divisa straniera. C'è così chi scodella l'ipotesi più estrema, la riproposizione del default del 1998. Mosca è pronta ad alzare altre barricate per limitare i danni, ma dopo un vertice tra il premier Dmitri Medvedev e i responsabili dell'economia sono state escluse ipotesi di controllo sui movimenti di capitali allo scopo di evitarne la fuga. Il ministro dell'Economia, Alexei Ulyukayev, ha spiegato che il governo ha deciso di introdurre alcuni paletti di regolamentazione, senza tuttavia fornire ulteriori informazioni. «Le misure - ha detto il ministro - mirano a un migliore equilibrio fra domanda e offerta nel mercato valutario».

Il timore, tuttavia, è che qualsiasi decisione potrebbe rivelarsi inefficace in assenza di una ripresa significativa delle quotazioni del petrolio, verso cui Mosca è legata a filo doppio. Una dipendenza che riguarda anche le Borse mondiali, che ieri hanno vissuto una giornata sull'ottovolante, in un susseguirsi continuo di ribassi e di rialzi. Fino al colpo di reni finale che ha permesso a Piazza Affari di incassare un rialzo del 3,27%, proprio grazie alla risalita dei prezzi del greggio. Dopo aver toccato un minimo a 53,60 dollari, a New York il Wti è arrivato a sfiorare quota 57, mentre il Brent è tornato sopra i 60 dollari.

Ma il rimbalzo potrebbe presto esaurirsi. Il Kuwait ha fatto sapere ieri che non ci sono motivi per ridurre la produzione di greggio. E nuovi problemi per Mosca potrebbero arrivare dagli Stati Uniti, dove il presidente Barack Obama si prepara a firmare questa settimana nuove sanzioni contro la Russia e aiuti all'Ucraina. Alcuni analisti cominciano però a temere che il pugno duro della Casa Bianca si riveli un boomerang, a causa delle ripercussioni sull'economia globale provocate da una Russia in ginocchio.

Sullo sfondo, come variabili in grado di condizionare i mercati, restano poi due appuntamenti in agenda oggi: la riunione della Federal Reserve, che potrebbe fornire indicazioni su quando verranno alzati i tassi Usa; e le elezioni presidenziali in Grecia, che potrebbero aprire la strada al voto anticipato e alla temuta affermazione di Syriza, il partito della sinistra radicale.

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