Rutelli: "Renzi non trasformi il Pd in un partito personale"

L'ex leader della Margherita ricorda la vita della Magherita, Mattarella e gli esordi del giovane Renzi

Francesco Rutelli e Benedetto della Vedova
Francesco Rutelli e Benedetto della Vedova

“È superficiale dire che è risorta la Dc”. Parola di Francesco Rutelli che, intervistato dal Corriere, ripercorre le tappe della vita della Margherita, partito in cui hanno militato sia il premier Matteo Renzi sia il nuovo Capo dello Stato Sergio Mattarella.

“È stata un’esperienza importante a partire dal 2001. Dopo quel congresso nacque il Pd, doveva essere il partito post-Dc e post-Pci. Nella Margerita – spiega l’ex fondatore - convivevano ex Dc, ex radicali, liberali, laici, ambientalisti: solo con questo impasto è potuto nascere il nuovo partito”. “Vorrei ricordare anche padri laici della patria – prosegue Rutelli – come Maccanico, Zanone. Comunque, una riserva di classe dirigente che oggi assicura equilibrio, competenza, affidabilità. Una specie di cantera, il vivaio del Barcellona”. Il giudizio su Mattarella è benevolo: “Apparentemente freddo, invece mite, pieno di humor. Quando si verificava un inasprimento politico, lui non rappresentava le persone più vicine, cercava un punto di incontro”. E sul comportamento che terrà come Capo dello Stato, Rutelli è sicuro che: “Matarella anteporrà a tutto il servizio per la Repubblica” e si augura che trasformi il Quirinale in un museo.

Sugli esordi di Renzi, l’ex sindaco di Roma dice: “Lo portavo in giro nel mondo, India, Giappone, Stati Uniti. Lo presentai ad Hilary Clinton e le dissi: “Questo te lo ritroverai davanti, fra qualche anno…”. Da quando vinse le primarie da sindaco ha fatto tutto da solo. Andò a prendere, in una regione “rossa”, parte dei voti della sinistra”. Sulle doti da stratega del premier Rutelli non ha dubbi: “Non ricerca il compromesso. Ha una determinazione che prescinde dal desiderio di rendersi simpatico. E ha saputo accantonare questa virtù nel caso del Quirinale: Mattarella non è un suo uomo, non gli risponderà da subalterno”. Ma la sua squadra di governo non è “abbastanza ricca e polifonica” e per governare l’Italia non bastano “gruppi di riferimento ristretti” ma “occorre un’ampia capacità di coinvolgimento” e “non bastano tweet e comunicazione tv”.

Sulla precedente gestione del Pd Rutelli è alquanto critico perché, a parer suo, gli ex diessini “hanno considerato il Pd come il quarto capitolo della serie Pci-Pds-Ds” e “la crisi attuale di quell’area è dovuta alla sindrome “chiunque ma non lui”, mentre ora il rischio è che “Renzi trasformi il Pd in un partito personale”.

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