L'ex leader M5s sabato condivide la mappa di un'Italia tutta gialla, con tanti Sì per ogni gazebo che il M5s ha organizzato per la volata del referendum sul taglio dei parlamentari. Il giorno dopo se la prende con i «trasformisti». Per l'occasione è d'accordo anche il fondatore. Che striglia il popolo contro «i dinosauri» arroccati nei Palazzi. Nei tornanti decisivi della sfida sull'ultima battaglia contro la Casta, i grillini premono sull'acceleratore e mettono da parte le spaccature.
Appena prima del weekend di mobilitazione, Luigi Di Maio e Beppe Grillo si incontrano a Roma in occasione del rapporto annuale dell'Agenzia delle Dogane. Sorrisi dietro la mascherina, complimenti reciproci. I due si mettono d'accordo per la settimana decisiva prima del voto. Ed ecco che Grillo parla, anzi scrive, mentre Di Maio è in giro per l'Italia come non accadeva da tempo. Beppe condivide un articolo del suo Blog e commenta: «Il popolo italiano potrà riappropriarsi del proprio potere ricacciando nella foresta i dinosauri del Giurassico, destinati alla estinzione dalla cometa della riforma costituzionale. È ora di svecchiamento, modernizzazione e di maggiore consapevolezza sociale». Il pezzo sul sito di Grillo è firmato da Torquato Cardilli. Non un costituzionalista, ma un ex ambasciatore in Albania, Tanzania, Arabia Saudita e Angola. C'è il solito paragone sghembo con i numeri dei parlamenti di altri paesi con un assetto istituzionale diverso dall'Italia. Ci sono sempre gli stessi topoi del grillismo. Contro «un parlamento pletorico fatto di persone che votano per riconoscere a Ruby la qualità di nipote di Mubarak». E le solite maschere per delegittimare il Parlamento. Ovvero «Razzi, Scilipoti, De Gregorio, Giggino a Purpetta». Niente di nuovo, insomma.
Ma nelle pieghe del testo pubblicato sul Blog c'è un indizio rivelatore dei sentimenti che attraversano il M5s nell'ultima fase della campagna elettorale. L'autore scrive che dietro le motivazioni di chi sostiene il No ci sarebbe l'obiettivo di «disarticolare il M5s e il governo». E questa è la paura e insieme la speranza di Di Maio e soci. Una fonte parlamentare vicina all'ex leader ce la spiega così: «È evidente che il Pd non sta facendo campagna elettorale, con il risultato che il referendum si sta polarizzando sul Movimento». Questo significa che in caso di vittoria «avremmo vinto noi più di altri» e in caso di sconfitta «avremmo perso solo noi». Quindi la paura è di un voto anti grillino trasversale in grado di far rimontare il No, la speranza invece è che un trionfo del Sì possa rivitalizzare un M5s in difficoltà.
Di Maio, sempre più leader de facto dei Cinque Stelle, alza la posta. Quasi a provocare i dem. «Se vince il Sì poi tagliamo anche gli stipendi dei parlamentari», dice. Tira fuori dai cassetti polverosi del grillismo il lessico dell'anti-casta. «Qualcuno chiama il referendum del 20 e 21 settembre il referendum dell'antipolitica. Secondo loro tagliare 345 parlamentari per tornare ai valori di tutti i Paesi normali è antipolitica - scrive su Facebook - e allora come li definiscono gli assenteisti, i trasformisti, o quelli che frequentano il Parlamento una volta al mese ricevendo stipendi da 15mila euro, quelli con una, due o anche tre pensioni d'oro, quelli che considerano il vitalizio un diritto...» I nuovi bersagli sono i voltagabbana e gli assenteisti. Peccato che lo stesso Di Maio sia stato ministro prima di un governo con la Lega e adesso con il Pd, a proposito di trasformismo. Il ministro degli Esteri compulsa il telefono in auto, tra la Puglia e la Basilicata. In una giornata che è partita da San Vito dei Normanni, provincia di Brindisi, e si è conclusa ad Andria alle nove di sera, passando per Matera.
In Puglia si fa vedere accanto alla candidata solitaria Antonella Laricchia, però quasi come se le regionali fossero un incidente di percorso sulla strada del referendum. «Beppe ha ragione. Questa riforma restituisce agli italiani centralità e modernizza l'Italia», scrive condividendo il post di Grillo. Tutti uniti per il Sì.
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