Reddito grillino, lite in Cdm. Draghi (per ora) lo rifinanzia

Governo spaccato, Giorgetti: "Coperture inaccettabili". Il premier stanzia 200 milioni, ma apre a riforme.

Reddito grillino, lite in Cdm. Draghi (per ora) lo rifinanzia

Sul reddito di cittadinanza la maggioranza si spacca, e il governo litiga: da una parte l'ex coalizione giallorossa che lo difende, dall'altra Forza Italia e Lega con i renziani che lo attaccano. Alla fine è il premier Draghi a tagliare la testa al toro, spiegando che la misura va rifinanziata di qui a fine anno, per non interrompere il sussidio di povertà. Ma che poi, già nella legge di Bilancio, verrà radicalmente modificata.
Sul tavolo del Consiglio dei ministri, ieri, c'era anche lo stanziamento di 200 milioni per il reddito di cittadinanza. Ad aprire la polemica è stato il ministro leghista Giancarlo Giorgetti, che ha chiesto una «pausa di riflessione» prima di dare via libera al rifinanziamento: «Paghiamo con i soldi dei lavoratori una misura che lavoro non ne ha mai creato, è una beffa». Gli hanno dato manforte i ministri di Fi Gelmini e Brunetta, e la rappresentante di Iv Elena Bonetti, contrari a destinare ulteriori risorse al Reddito. Lo scontro si è acceso con l'intervento del grillino Patuanelli, che ha difeso la bandiera del governo Conte: «È un istituto che ha salvato il paese, senza la tensione sociale sarebbe esplosa e non sarebbe stata gestibile. Ma qui c'è chi fa finta di non capirlo». Anche se lo stesso Patuanelli ha dovuto riconoscere che la parte relativa alle politiche attive del lavoro, criticata dal fronte opposto, non ha dato risultati: «Ma era impensabile che funzionasse, considerando che abbiamo dovuto fronteggiare un lockdown», si è giustificato, sorvolando sul fatto che non funzionasse già da prima. A sostegno del rifinanziamento si è speso anche il titolare del Lavoro Andrea Orlando, Pd.
È toccato al ministro dell'Economia Daniele Franco spiegare che i fondi per coprire la misura di qui a fine anno non vengono dai «lavoratori», come accusava Giorgetti, ma da altri capitoli di spesa «sovrastimati e quindi non utilizzati». Alla fine, Draghi ha chiuso la discussione, assicurando che la parte relativa al lavoro verrà rivista già in sede di bilancio.
Che il reddito di cittadinanza, presentato dal governo gialloverde come miracoloso strumento per far trovare lavoro e riqualificare i disoccupati, sia stato un fallimento epocale lo riconoscono tutti, tranne i grillini. Lo conferma anche Enrico Letta: «La penso come il premier, non va cancellato ma modificato e reso più funzionante nella sua missione, che è quella di aggredire le sacche di povertà». Mentre «va completamente cambiato sul fronte delle politiche del lavoro, perché non ha funzionato: servono altri strumenti».
In pratica, con parole felpate, si decreta il fallimento della misura-simbolo grillina, e il ritorno a quel che c'era prima con il Rei, ossia il sostegno alla povertà. Il leader della Lega Salvini promette che già dal mese prossimo «lavoreremo in Parlamento per cambiarlo: garantirlo a chi non può lavorare è sacrosanto, ma basta abusi e furti». L'unico a cantare vittoria è Giuseppe Conte, che del resto ormai ha pochi motivi di soddisfazione dalla politica. Comprensibile quindi che colga al volo l'occasione e proclami: «Giù le mani dal reddito, è un argine di protezione che Salvini e Renzi vogliono sabotare». Tacendo sul fatto che anche il suo successore ha annunciato che si cambierà.


Dopo il movimentato Cdm, Draghi si sofferma invece su un altro provvedimento approvato ieri, quello sulla sicurezza del lavoro: «Abbiamo assistito a un numero inaccettabile di morti. Ora vogliamo dare un segnale inequivocabile: non si risparmia sulla vita dei lavoratori».

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