Le linee guida del dl Salva-Casa, annunciate di recente dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e di prossima pubblicazione, rappresentano un passo avanti per la tutela della proprietà. La sanatoria delle difformità edilizie può essere richiesta anche in assenza della doppia conformità, permettendo l'accettazione di interventi realizzati in aree vincolate e l'applicazione di istituti come il «silenzio assenso». Il certificato di abitabilità o agibilità acquisisce una nuova rilevanza, permettendo che le parziali difformità non siano soggette a rilevanti sanzioni, a condizione che non vi sia stata un'azione di demolizione. In questo modo sarà anche possibile recuperare spazi abitabili come i sottotetti o cambiare più facilmente le destinazioni d'uso. È, tuttavia, fondamentale sottolineare che i principi stabiliti dal decreto non limitano l'autorità delle amministrazioni comunali, degli enti locali e delle soprintendenze. Queste istituzioni potranno continuare a opporsi alle richieste di sanatoria nel caso in cui le opere siano in contrasto con la normativa urbanistica, ambientale o paesaggistica.
L'invettiva di Salvini, ieri alla Conferenza organizzativa di Confedilizia, contro le Soprintendenze che «vogliono dire la loro «perfino sul colore con cui viene rimbiancato un condominio» non rappresenta, quindi, una sortita estemporanea. Sarà presentato un ddl leghista a tutela della proprietà. Le linee guida interpretative del decreto Salva-casa sono «fornite a titolo informativo e non hanno valore vincolante», si legge nella terza pagina del testo. Due esempi concreti sono sufficienti. A proposito di cambio della destinazione d'uso dell'immobile, che il dl semplifica, si specifica che i poteri degli enti locali di imporre «condizioni, limitazioni o divieti» possono comunque estrinsecarsi ma queste condizioni non dovranno essere «arbitrarie», ma occorrerà un'apposita determinazione che le motivi tenendo presente che «il legislatore statale esprime un chiaro favor per la semplificazione e l'agevolazione del mutamento di destinazione d'uso». Stesso discorso per il silenzio-assenso per le pratiche edilizie in sanatoria (45 giorni per le amministrazioni comunali, 180 giorni se è coinvolta la soprintendenza per la compatibilità paesaggistica). La ratio del provvedimento è sicuramente quella di non imprigionare il proprietario immobiliare nei meandri della burocrazia italiana. Ma le linee guida esplicitano chiaramente che i termini previsti dalla legge per esprimere un parere sono conformi al dettato costituzionale per cui la pubblica amministrazione è tenuta alla diligenza: se un provvedimento è necessario, bisogna fare in fretta. Dunque, un «no» da parte delle amministrazioni non è escluso a priori. Le istanze di sanatoria saranno valutate caso per caso, tenendo conto delle specificità del territorio e dell'impatto delle modifiche sugli equilibri urbani. Un analogo principio vale per le soprintendenze quando si tratterà della tutela del valore storico o architettonico di un immobile. Per informazioni (sebbene relative a un altro ambito dell'edilizia) domandare a Inter e Milan che quest'anno potrebbero assistere all'apposizione del vincolo storico-artistico di tutela al secondo anello di San Siro con tanti saluti alla ristrutturazione dello stadio.
La liberazione del proprietario immobiliare che più facilmente potrà sanare una difformità, recuperare un sottotetto, cambiare una destinazione d'uso non è assoluta ma condizionata. Resta, infatti, intatta la facoltà dei Comuni di limitare la legge statale. Idem per le soprintendenze il cui potere di veto non è intaccato.
Di qui l'iniziativa di Salvini con un ddl ad hoc che aveva già provato a far passare la norma «taglia-unghie» come emendamento al dl Cultura ma incontrando la ferma opposizione del ministero. La strada per semplificare in Italia non è mai diritta.
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