C'è persino chi ha proposto di candidare Matteo Salvini a sindaco di Milano e non è una boutade, anche se la risposta è stata di far correre Giorgia Meloni per Roma. È probabile che non accadrà nessuna delle due cose, ma basta questo a far capire quale sia la posta in gioco nel centrodestra con le amministrative, un rilancio dell'unità o un consolidamento delle spaccature degli ultimi mesi. Il barometro che precede il vertice di oggi tra il segretario della Lega, la presidente di Fratelli d'Italia e il coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, segna un sereno variabile. «Sarà importante ricominciare tutti insieme, ma non credo si concluderà adesso» prevede l'azzurro Tajani. Dopo gli scontri violenti sul Copasir, con Fratelli d'Italia che da partito d'opposizione ne chiede la presidenza, e la Lega decisa a ottenere garanzie, il clima sembra meno teso. Salvini parla di ritrovarsi uniti, annuncia che porterà «dieci nomi di candidati» all'incontro. Insomma, non sembrano le premesse per uno scontro ma neanche per una soluzione definitiva.
Il cuore da cui pulsa il resto sono Roma e Milano. Una difficoltà, dopo che il primo tavolo di centrodestra già mesi fa ha optato per scelte civiche ritenendole meno divisive, è trovare candidati disposti a giocarsi credibilità, carriere affermate e stipendi cospicui per un incarico retribuito con somme inaccessibili ai più (circa 8mila euro lordi più alcune maggiorazioni per i primi cittadini di Roma, Milano e Napoli) ma poco attraenti per chi è abituato a entrate da imprenditore o bonus da manager.
Sondaggi non ancora resi noti parlerebbero comunque di un successo dei candidati civici meno noti che sfida i risultati dei politici. A Roma Fdi viaggia tra il 20 e il 25, ma è anche vero che la sindaca Virginia Raggi ha un tasso di popolarità del 93%, sono disposti a votarla tra il 12 e il 24% e la forbice alta preoccupa anche nel centrodestra, oltre che nel centrosinistra scisso tra Carlo Calenda e Roberto Gualtieri. Il no di Guido Bertolaso, considerato il miglior candidato possibile, è quasi definitivo.
Per restare ai candidati lanciati da Fdi, l'avvocato Enrico Michetti, già professore a Cassino, del quale si parla in questi giorni, avrebbe un bacino elettorale da opinionista a «Radio radio», 60mila ascoltatori, più il tifo dalle due curve giallorossa e biancazzurra di Roberto Pruzzo e Angelo Greguccci, che gli consentono di superare la media di gradimento dei politici. Così Simonetta Matone, vice capo del dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria e il generale Claudio Graziano, presidente del Comitato militare dell'Ue, testato a sua insaputa e che ha già risposto con un sonoro no. Indagini interlocutorie. Restano politici come Maurizio Gasparri e il pressing su Tajani.
A Milano non è facile trovare candidati contro Beppe Sala, anche se su urbanistica, ecologia, infrastrutture digitali, il sindaco ha avversari temibili. Ma alla città serve «lo straordinario» e a complicare la vicenda è stato il no di Gabriele Albertini, che può far pesare la propria popolarità in presenza di un candidato di suo gradimento. L'ex sindaco ha lanciato Fabio Minoli, azzurro della prima ora, e si è proposto come vice.
Restano Riccardo Ruggiero, ex ad di Telecom, già «capo» di Sala, e Maurizio Dallocchio, Bocconi. Non è tramontata l'ipotesi Maurizio Lupi, nel caso in cui tornassero in scena i politici. Se accadesse, potrebbero riaprirsi scenari in città in cui le partite sono ritenute chiuse.
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