Salvini spaventa i mercati: lo spread riprende a volare

Il vicepremier annuncia lo sforamento del 3% e scatta la vendita dei titoli italiani. Inutile l'intervento di Tria

Salvini spaventa i mercati: lo spread riprende a volare

Imercati ormai sono così. Una frase di Salvini contro i vincoli di bilancio dell'Europa provocano una impennata dello spread, le successive rassicurazioni del ministro dell'Economia non lo fanno calare. Fino a poco tempo fa, osservava ieri un analista, i mercati ascoltavano solo Giovanni Tria, adesso non aspettano altro che una dichiarazione sopra le righe dei leader politici di Lega e M5s per dare il via a quello che hanno in animo da tempo: vendere titoli di stato italiani. Ed è quello che è successo ieri. Il vicepremier e leader leghista Matteo Salvini martedì a Porta a porta aveva confermato l'intenzione di superare i vincoli Ue sul disavanzo. Deficit oltre il 3% del Pil? «Non si può, si deve!». Dichiarazione a beneficio di campagna elettorale, arrivata alla vigilia delle raccomandazioni Europee all'Italia, del richiamo sul debito da parte della Commissione Ue che è più che probabile. Le pagelle di Bruxelles arriveranno dopo le elezioni europee, ma la reazione dei mercati non si è fatta attendere. Lo spread già da ieri mattina ha puntato sopra i 270, quello che ormai viene considerato un livello fisiologico (ma che in realtà non lo è) puntando su quota 290. In giornata il differenziale tra Btp decennali italiani e il Bund tedesco ha toccato i 291,7 punti, il massimo da sei mesi, poi ha chiuso a 284,5 punti.

L'effetto Salvini si è fatto sentire per 24 ore. Non hanno avuto altrettanto successo le rassicurazioni di Tria, arrivate ieri pomeriggio direttamente dal dicastero di via XX settembre.

«Il nervosismo dei mercati che si legge nelle oscillazioni dello spread - ha dichiarato il ministro - è ingiustificato ma comprensibile alla vigilia di queste importanti elezioni europee. Ingiustificato perché gli obiettivi di finanza pubblica del governo sono quelli proposti dal governo stesso e approvati dal Parlamento con il Documento di economia e finanza. Il governo è al lavoro perché questi obiettivi siano raggiunti nel quadro di una politica di sostegno alla crescita e all'occupazione».

Come succede spesso negli ultimi tempi, il messaggio del ministro ha tre destinatari. I primi sono i mercati e l'esecutivo europeo, da rassicurare sulle reali intenzioni del governo, con l'invito a non dare troppo peso a dichiarazioni elettorali. L'altro destinatario è la stessa maggioranza, alla quale Tria spiega che gli impegni di finanza pubblica sono quelli ufficiali, contenuti nel Def.

Il governo non potrà che restare sotto la soglia del 3% e dovrà fare salti mortali per evitare una manovra che faccia rientrare il deficit nel tetto del 2,04% fissato dal patto di dicembre tra il ministero dell'Economia e la Commissione europea.

L'impennata dello spread di ieri è stata per la verità interpretata come la prova che i mercati non credono più a quel patto. L'ondata di vendite è proseguita per tutta la giornata di ieri, nonostante la frase incriminata di Salvini fosse ormai lontana (e per la verità nemmeno una novità) e nonostante le rassicurazioni del ministro dell'Economia. Il segnale che almeno fino alle elezioni dovremo abituarci a rendimenti più alti dei titoli del debito italiano. Sempre che Tria, suggerisce Renato Brunetta di Forza Italia, dopo «l'operazione verità» sui conti pubblici che i mercati hanno apprezzato, non decida di varare una «operazione credibilità».

Dire «apertamente e ufficialmente» che la strada del governo «è quella della virtuosità fiscale e del pareggio di bilancio e non lo sforamento dei vincoli di finanza pubblica». Un compito difficile per il ministro, almeno fino al voto del 26 maggio.

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