«Guardo mio figlio giocare e sono contento. Era un momento che aspettavamo da tanto. Adesso solo felicità». Ánduel, 34 anni, albanese, ha gli occhi che luccicano. E si gusta la quiete di casa come mai prima, compresi i mattoncini di Lego seminati ovunque e la tv accesa sul canale dei cartoni animati.
Il 17 gennaio ha donato parte del polmone al suo bambino, Mario (nome di fantasia), cinque anni e gli ha salvato la vita. A pregare per loro in sala d'attesa c'è sempre stata mamma Ornéla, 35 anni, che mai ha spento la speranza di riavere i suoi due uomini sani e salvi a casa. Il trapianto è stato eseguito all'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo ed è stato il primo da donatore vivente eseguito in Italia. «Mario sta bene, giorno per giorno migliora, comincia anche a giocare con i suoi giochi, Super Mario Bros, il videogame di cui è appassionato, e i Lego». «Il bambino - spiega Michele Colledan, direttore del dipartimento di Insufficienza d'organo e Trapianti e dell'unità di Chirurgia generale 3 trapianti addominali e professore di Chirurgia all'università di Milano Bicocca - aveva i polmoni danneggiati in modo irreversibile in seguito a un trapianto di midollo che aveva ricevuto per una malattia ematologia, la talassemia». Avendo ricevuto il midollo dal padre, Mario in questo momento ha il suo stesso sistema immunitario. «Questa, dal punto di vista trapiantologico, è una situazione quasi eccezionale - spiegano gli specialisti - in cui c'è la possibilità di effettuare un trapianto come se fosse un organo suo. Questo organo non verrà rigettato». Il trapianto di polmone da donatore vivente è eseguito più di frequente in Giappone o in Paesi che non hanno facilitato la donazione da cadavere, viene eseguito occasionalmente anche negli Usa, dove ci sono delle casistiche pubblicate. «Qui in Italia le condizioni che ci hanno indotto a questa scelta sono legate al fatto che si trattasse di un caso particolare. Non escludo che si possa ripetere questa cosa - sostiene lo specialista - ma è una procedura molto complessa soprattutto per i bambini». E, aggiunge Colledan, «non credo sia ipotizzabile che il trapianto da donatore vivente acquisisca un ruolo importante per il polmone come lo ha per esempio per il trapianto di rene e in parte di fegato».
Il percorso del piccolo Mario non è stato affatto semplice: dopo il secondo trapianto ha trascorso due settimane nella Terapia intensiva pediatrica guidata da Ezio Bonanomi, quattro giorni attaccato all'Ecmo, la «macchina cuore-polmoni», fino alla ripresa di una buona funzione polmonare. Poi, dopo 8 giorni, il bimbo ha iniziato a respirare da solo. E anche mamma Ornéla ha ripreso a respirare.
Ornéla e Mario vivono in Italia dall'estate 2018, sono arrivati dall'Albania quando il bambino aveva un anno. Pochi mesi dopo, lasciato il suo lavoro di ingegnere edile, li ha raggiunti anche papà Ánduel, oggi 34enne. È nell'anno successivo che Mario ha dato segni di malessere. Diagnosi: anemia mediterranea. Dopo due anni di trasfusioni periodiche, nel 2021 viene effettuato il trapianto di midollo. A donarlo è ancora una volta il padre.
Nonostante la buona riuscita, interviene una grave complicanza, la cosiddetta «malattia da trapianto contro l'ospite» che, sommata ai farmaci del post operatorio, mette a dura prova i polmoni del bambino, provocando danni irreversibili. Papà Anduel lo ha salvato un'altra volta. E fosse per lui lo farebbe ancora.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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