Santanchè si difende: "Bilanci, nessun trucco"

Slitta a gennaio la decisione sul rinvio a giudizio. I legali del ministro chiedono il proscioglimento

Santanchè si difende: "Bilanci, nessun trucco"
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Nessun tentativo di «aggiustare» i bilanci, nessuna operazione finalizzata a ingannare gli azionisti o il mercato: questa è la tesi in base alla quale i difensori di Daniela Santanchè (foto) e del suo compagno Dimitri Kunz d'Asburgo ieri hanno chiesto al giudice preliminare Anna Magelli di rifiutare la richiesta di rinvio a giudizio presentata dalla Procura della Repubblica per il reato di falso in bilancio relativo alle società del gruppo Visibilia. Al giudice, i legali Niccolò Pelanda e Salvatore Sanzo hanno chiesto di prosciogliere gli imputati «perché il fatto non sussiste». La decisione del giudice verrà resa nota nell'udienza del 17 gennaio.

Secondo i difensori del ministro, è la stessa ricostruzione compiuta dalla Procura nelle indagini preliminari a dimostrare come il presunto maquillage dei bilanci, effettuato gonfiando la valutazione dell'avviamento e dei crediti, in realtà non sia mai avvenuto. Sindaci e revisori dei conti indipendenti hanno sempre ritenuto fedeli alla realtà i bilanci approvati dal consiglio d'amministrazione. E quando nel 2021 un revisore indipendente ha segnalato per la prima volta che qualcosa non tornava, i vertici della società hanno provveduto il giorno stesso ad aggiornare la valutazione.

É una tesi lontana dalla ricostruzione della Procura, che nella udienza del 30 ottobre aveva ribadito la richiesta di mandare a processo il ministro del Turismo e tutti gli altri indagati: secondo i pm, già a partire dal 2016 se i bilanci fossero stati redatti correttamente sarebbe apparso evidente lo stato di tracollo in cui versava Visibilia, e si sarebbe andati verso il fallimento. Nel loro intervento di ieri i difensori hanno replicato che proprio il fatto che Visibilia sia poi sopravvissuta, e che tutti i tentativi della Procura di farne dichiarare il fallimento siano stati respinti, dimostra che non c'era nessun dissesto da occultare.

A sostegno delle loro tesi i difensori della Santanchè hanno sottolineato l'importanza di un documento che è agli atti delle indagini ma che finora era stato poco considerato. Si tratta della sentenza con cui 30 maggio 2017 il giudice preliminare Alessandra Del Corvo, accogliendo la richiesta della Procura della Repubblica, archiviava una prima indagine a carico della Santanchè per «infedeltà patrimoniale» scaturita dalla denuncia della sua amica e socia Paola Ferrari, giornalista tv e moglie di Marco De Benedetti. Al centro della querela della Ferrari c'era buona parte del dissesto teorizzato anche oggi dalla nuova inchiesta. E sulla base di due relazioni di servizio della Guardia di finanza (non depositate agli atti, ma riassunte dal giudice) si scopriva che «i debiti verso banche, comunque in coso di diminuzione, erano n corso di negoziazione con alcuni istituti di credito» e che i «debiti tributari e previdenziali erano già stati oggetto di rateizzazione». Un quadro, come si vede, lontano dal ritratto di un'azienda che sta affondando.

Ora la parola passa al giudice.

Il lungo rinvio consente alla Santanchè di affrontare la pausa natalizia al riparo dalle richieste di dimissioni preannunciate dalla sinistra in caso di rinvio a giudizio. E di attendere serenamente anche la decisione della Cassazione sulla sorte del secondo fascicolo ancora aperto, per l'accusa di truffa ai danni dell'Inps, che potrebbe venire trasferito a Roma.

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