Correnti, insulti e litigi. E guai a contestare il grande capo Mattia Santori, potreste diventare bersaglio di varie angherie, comprese telefonate registrate e lettere anonime scritte con la caratteristica tecnica del fango. Ecco il racconto di D.H. affermato professionista, Sardina pentita, tra i fondatori nel nord Italia.
«Tutto iniziò il 24 novembre 2019», ricorda. «Fu convocata l'assemblea fondativa milanese nella sede Arci del quartiere Corvetto. Un dedalo di gruppi e di gruppetti. I due principali erano 6000 Sardine Milano e 6000 Sardine Milano e Lombardia. Il primo faceva capo a Simona Regondi, assistente sociale, ex militante di Possibile, di Sel e del centro sociale milanese Leoncavallo. L'altro gruppo, 6000 Sardine Milano e Lombardia, era quello di Fabio Cavallo, un cinquantenne sempre in bolletta, del centro sociale Il Cantiere. A suo dire ex dipendente della Cgil, licenziato per motivi che non mi ha mai spiegato e molto attivo sui social con una Rete italiana antifascista. Cavallo ha organizzato collette on line per Carol Rackete, per le ong, e, ha lanciato su Facebook una sottoscrizione a favore della Comitato della Croce Rossa di Bergamo. Più sottotono l'Arcipelago delle Sardine».
Il 15 dicembre, il giorno dopo la manifestazione in piazza San Giovanni, le Sardine si incontrarono al centro sociale Spint-Time, quello occupato da Movimento action, il palazzo ai cui «inquilini» il cardinale elemosiniere del Vaticano, Konrad Krajewski, promise di pagare le bollette della luce. «Arrivammo allo Spint-Time divisi e litigiosi» continua D.H. «Non ci volevo credere. Non è possibile. Siamo su Lercio, vero? Invece no: le Sardine di Brescia erano contro le Sardine del Lago di Garda, per questioni personali, locali...». Così la ventilata svolta del 15 dicembre fu una Babele inconcludente. «Da una parte chi voleva fare politica, dall'altra chi, come i gruppi di Mantova e di Cremona, pendeva dalle labbra di Santori. Anche i co-fondatori Lorenzo Donnoli e Jasmine Cristallo erano piuttosto incazzati con il capo. L'11 gennaio si svolse l'assemblea lombarda, a Milano. Arrivarono quattro persone da Milano, nove da Brescia e 15 da Pavia. Fu eletto un coordinamento in stile Cencelli. Si stabilì che ogni provincia avesse due delegati. Tranne Brescia che ne ottenne tre e Milano che, pur avendo il numero più basso di partecipanti, se ne attribuì cinque: due alla corrente di Regondi, due a quella di Cavallo e una all'Arcipelago. Cavallo e Regondi si scontravano ogni giorno come in un talk show. Minacciavano querele e denunce reciproche. Qualcuno urlò: Io scrivo a Feltri!. Santori commissariò Milano: Cavallo è tuttora il suo uomo». Dopo le votazioni del 26 gennaio in Emilia Romagna, è sempre più asilo Mariuccia. «Santori annunciò che sarebbe iniziata la seconda fase e ci disse che avremmo organizzato un convegno a Scampia da tenere il 14 e il 15 marzo. A febbraio, quindi, furono indette le assemblee regionali per indicare i delegati da mandare a Scampia. In realtà li scelse tutti lui: questo sì, questo no. Come fossero i petali di una margherita.
Oramai Santori e i suoi fedeli avevano perso ogni forma di pudore: controllavano anche i nostri comportamenti sui social, on line. Le Sardine si stanno spegnendo». Prima di interrompere il collegamento Skype D.H., quasi sottovoce, dice: «Forse dovevamo sceglierne uno più credibile da mandare in tv».
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