Sarkozy rischia 10 anni di cella "Solo odio, bassezze e bugie"

L'ex presidente adesso è indagato per le tangenti libiche: «Vivo l'inferno della calunnia, i giudici sono senza prove»

Sarkozy rischia 10 anni di cella "Solo odio, bassezze e bugie"

«N on mi sono mai sottratto alla giustizia, non sono al di sopra delle leggi, ma farò trionfare il mio onore». Rischia fino a dieci anni di carcere, Nicolas Sarkozy. Formalmente iscritto nel registro degli indagati per corruzione passiva, finanziamento illecito di campagna elettorale e occultamento di fondi libici, è ormai sottoposto a «controllo giudiziario». Una misura cautelare simile alla libertà vigilata.

Sceglie la tv per passare al contrattacco: «Contro di me solo odio, bassezze e menzogne, nulla di concreto». Da ieri però gli è stato vietato di recarsi Egitto, Tunisia, Sudafrica e Libia. Ha l'obbligo di informare il giudice sui movimenti, oltre al divieto di contattare o incontrare soggetti come il suo ex braccio destro Claude Guéant e l'altrettanto vicinissimo Brice Hortefeux. Entrambi coinvolti.

Il padre dei Républicains, 63 anni, è fuori dalla politica attiva dall'autunno 2016 dopo la sconfitta alle primarie a cui contribuirono anche le voci sulle presunte valige con i 5 milioni in contanti che avrebbe ricevuto dai libici. All'epoca erano soltanto voci. Ora rischia un tentacolare processo.

Ai gollisti lascia in eredità lo spettro di un gravissimo affare di Stato. «I fatti di cui sono sospettato sono seri, ne sono consapevole ha ammesso ai magistrati ma se continuo a proclamarlo con la massima costanza e la più grande energia è evidente che si tratta di una manipolazione del dittatore Gheddafi o della sua cerchia di fedelissimi». «Vivo l'inferno della calunnia in assenza di prove materiali, per questo chiedo ai magistrati di misurare la profondità, la gravità, la violenza dell'ingiustizia che mi viene fatta».

Tutte «menzogne», quelle libiche? L'incubo che l'inchiesta sia invece un vaso di Pandora cresce nell'opinione pubblica. Sarkozy ne è consapevole. Un vaso individuato e non ancora aperto. Cosa c'è dietro le accuse? Dove si nasconde la verità?

La destra non è più tanto solida attorno al vincitore degli ultimi dieci anni. Sarkò si stringe attorno agli avvocati. Prepara il ricorso. E in tv nega ogni imputazione. Perfino gli appuntamenti che gli attribuisce il tuttofare libico Takieddine. L'uomo d'affari franco-libanese con «caratteristiche altamente sospette e dal passato pesantemente oscuro», dice Sarkò. Ma teste chiave.

Sarkò aveva già negato ogni accusa all'anticorruzione, che giudica «sufficienti» gli elementi per indagarlo. Ieri sera, ha insistito in tv, davanti a una Francia consapevole di ogni suo vizio, vezzo e abituata a scandali minori; ma forse impreparata a vivere la bufera di un ex capo di Stato coinvolto in quella che si prefigurerebbe come una guerra privata.

«Non ho mai tradito la fiducia dei francesi», vittimizza su Tf1. Durissima la reazione della presidente del Front National, Marine Le Pen: il caso supera ampiamente la questione dei fondi illeciti ad una campagna presidenziale, «qui si parla della decisione di una guerra (in Libia, ndr), dell'eliminazione di un capo dello Stato (Gheddafi), della destabilizzazione di un Paese e della massiccia ondata migratoria che ha scatenato». «Penso che la giustizia debba andare fino in fondo insiste senza lasciarsi strumentalizzare, perché possono esserci conseguenze pesanti in particolare sul piano internazionale».

L'ombra di una guerra personale per cancellare prove scomode, dietro l'operazione militare in Libia del 2011, si ingigantisce. Lui ribatte: «Come si può affermare che ho favorito gli interessi dello Stato libico? Sono stato io a ottenere il mandato dell'Onu per colpire.

Senza il mio impegno politico il regime probabilmente sarebbe ancora presente». Possibile. Ma il defunto Colonnello avrebbe forse qualcosa da dire su quella luna di miele finita in uccisione. L'uccisione di «un pazzo». Era tale, dice Sarkò di Gheddafi.

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