Per chi altro potrebbe tifare un liberale italiano se non per Emmanuel Macron?
Le altre due scelte, quella dell'estrema sinistra di Jean-Luc Mélanchon e della evoluta radicale di destra Marine Le Pen, non sono affatto le più adatte per fare fronte ai drammatici problemi di un'Europa brutalmente costretta dalla invasione dell'Ucraina a definirsi in modo netto e credibile. Nulla come la guerra può imporre la scelta di identità e delle alleanze. Se la Le Pen vincesse, con lei vincerebbe non l'Europa che si sta stringendo nei suoi ritrovati ranghi, ma soltanto il nazionalismo francese, il malumore delle categorie, dei produttori e dei consumatori, che somiglia a tutti gli altri, e naturali e rispettabili nazionalismo di produttori e consumatori: ma non di tutti, solo di quelli francesi. La sinistra di Mélanchon ha fatto clamorosamente fiasco così come hanno fatto fiasco le figure dei vecchi attori della Quinta Repubblica.
I francesi sono in parte tentati di pensare soltanto ai propri problemi di cassa del tutto simili ai nostri, ma senza voglia di guardare oltre la frontiera orientale per cogliere l'occasione unica (benché tragica) di stringere un genere di coesione europea finora era impensabile. Emmanuel Macron ha retto botta alla prima tornata e si è visto che può farcela e noi italiani abbiamo tutto l'interesse che ce la faccia, sia per il bene dei francesi (che non hanno certo bisogno di tutori) ma anche nostro, degli italiani: se Macron non fosse confermato all'Eliseo si incepperebbe l'intesa fra lui e il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, che è costituisce una grandiosa prospettiva europea, perché in questo momento in cui la Germania di Olaf Scholz sta ancora passando una sua incerta fase di rodaggio, Macron è stato penalizzato dalla sua dedizione alla causa della pace cercando di convincere Putin a recedere dal suo comportamento aggressivo. Per farlo ha trascurato il fronte interno del malessere, delle proteste e dei rincari che invece è stato curato come un orto da Marine Le Pen. Ma la Le Pen ha incassato meno del previsto. Ma adesso Macron è in campo e punta sul recupero da posizioni già forti: la temuta débâcle del primo turno non c'è stata anche se la leader del Rassemblement National, con il suo 23 e mezzo per cento, resta una avversaria temibile.
Se vincesse, non costituirebbe un pericolo per la democrazia, ma la sua leadership sarebbe confinata nel ventre molle degli interessi corporativi che possono essere affrontati se il quadro generale è
stabile e non minacciato. E oggi il quadro generale europeo, invece, è debole e proprio per questo motivo l'asse franco-italiano resta la sua migliore chance per vincere la pace nel momento in cui soffiano i venti di guerra.
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