Mariastella Gelmini, senatrice, è la portavoce di Azione, il partito di Calenda. È una delle leader dell'opposizione. In passato è stata ministro dell'Istruzione nel governo Berlusconi e per gli Affari regionali con Draghi.
Sembra che qualche procura si stia muovendo sulle tracce di Arianna Meloni.Il meccanismo è sempre lo stesso: si muovono alcuni giornali, insinuano, e poi interviene la magistratura. È così?
«Ho letto con attenzione l'editoriale di Alessandro Sallusti e lo scenario che prospetta è oggettivamente preoccupante. Non ho elementi concreti per poter esprimere un giudizio compiuto, ma quello che è certo è che, da Tangentopoli in avanti, l'assedio mediatico-giudiziario ha condizionato spesso la vita politica, facendo cadere governi, distruggendo carriere, famiglie, imprese. Spesso senza neanche una sentenza di condanna in primo grado. Basta solo un avviso di garanzia. Poi arrivano i titoloni sui giornali e la condanna senza appello del tribunale del popolo. Magari dopo anni si scopre che non c'era alcun reato, ma intanto il danno è fatto».
Non le pare che esistano delle Procure che invece di inseguire i reati inseguono i bersagli politici?
«La stragrande maggioranza dei magistrati, ad ogni livello, fa, con grande dedizione, il proprio dovere. Poi certo abbiamo visto che in alcuni casi non è stato così. E quando questo si sposa con la battaglia politico-mediatica di parte il mix è esplosivo. In quei casi sarebbe importante che si attivasse lo stesso autogoverno della magistratura, invece non succede quasi mai».
Palamara aveva denunciato il sistema. Aveva detto che basta un Pm, un GIP due giornalisti e un partito amico per distruggere chiunque. Aveva ragione?
«Dobbiamo riconoscere che è accaduto e che potrà accadere di nuovo. Aggiungiamo a quegli ingredienti anche l'utilizzo improprio e spesso spregiudicato delle intercettazioni e il quadro è completo. Toccherebbe però alla politica trovare l'antidoto. Se imparassimo - a destra come a sinistra - a non usare l'arma delle inchieste, ci sarebbe meno spazio per le speculazioni».
Il metodo di colpire i familiari è forse il più odioso.
«Lo è. Intendiamoci: nessuno in democrazia può avere un salvacondotto, e l'essere parente di un politico non può certo esserlo. Solo che abbiamo purtroppo già assistito ad eccessi che avevano il sapore di un insostenibile accanimento giudiziario».
Si sta ripetendo lo schema che fu applicato per perseguitare Berlusconi?
«Quello che è accaduto con Berlusconi è stata una persecuzione giudiziaria senza precedenti. Senza la sua forza politica e i suoi mezzi, senza l'affetto e il consenso di molti italiani, sarebbe stato spazzato via dalla scena politica e invece ne è stato un assoluto protagonista».
I Pm colpiscono più spesso la destra. Però talvolta picchiano anche a sinistra. Possibile che non si trovi un'unità politica per fermare questa anomalia del sistema democratico?
«Il punto è ristabilire un corretto equilibrio fra i poteri. In passato una politica debole ha spesso abdicato al suo ruolo e ha pure cercato di lucrare sulle inchieste, specie quando l'avversario appariva troppo forte. Talvolta, proprio per paura della magistratura, è stata la stessa politica a chinare la testa, sperando di placare l'antipolitica e il giustizialismo. È stato un errore e adesso non è semplice tornare indietro».
Lei cosa pensa del caso Toti?
«Penso che è stata una sconfitta della politica e della democrazia».
Nel centrosinistra c'è un problema giustizia per via delle posizioni molto giustizialiste dei 5 Stelle. È un problema che si può superare?
«Dobbiamo registrare purtroppo che su questi temi c'è stato, dal mio punto di vista, che è un punto di vista garantista, un vistoso arretramento del Partito democratico. Il caso Liguria, con tanto di corteo giustizialista per chiedere le dimissioni di Toti, dimostra che la visione di Pd e Movimento 5 Stelle è oramai sovrapponibile. Anche sull'abuso d'ufficio, nonostante la battaglia di molti sindaci Pd, la linea del partito democratico è stata a rimorchio dei 5 stelle. La battaglia politica si fa con le idee e non a colpi di avvisi di garanzia».
Il decreto carceri le è piaciuto?
«Il decreto carceri contiene norme anche condivisibili, come ad esempio l'incremento del numero degli agenti di polizia penitenziaria e alcune semplificazioni procedurali. Il problema è che non c'è nessuna misura realmente efficace per risolvere il problema del sovraffollamento. Problema che non ha creato questo governo per la verità. Si poteva intervenire - ad esempio - sulla liberazione anticipata, come suggerivano anche i nostri emendamenti, oltre che la battaglia di Roberto Giachetti. È mancato il coraggio e temo che il governo dovrà tornarci sopra».
Nel centrodestra c'è qualche problema per la proposta di Forza Italia di
introdurre lo Ius Scholae. Lei che ne pensa?«Sono favorevole allo ius scholae, che può rappresentare un valido strumento per agevolare l'integrazione, ridurre la marginalità sociale e dunque aumentare la sicurezza».
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