I falchi Tom Homan all'Immigrazione e Stephen Miller come vice chief of staff, la fedelissima Elise Stefanik all'Onu: Donald Trump riempie nuove caselle di peso della sua amministrazione, e mostra l'intenzione di voler portare avanti una linea dura alla frontiera. Il presidente eletto americano ha annunciato il ritorno di Homan (ex direttore dell'agenzia responsabile per il controllo delle frontiere e dell'immigrazione, l'Us Immigration and Customs Enforcement) come uno «zar del confine», una sorta di coordinatore del dossier. «Conosco Tom da molto tempo e non c'è nessuno più bravo di lui nel sorvegliare e controllare le nostre frontiere», ha spiegato Trump affermando che sarà responsabile di «tutte le deportazioni di immigrati clandestini nel loro Paese di origine».
Il tycoon ha promesso di lanciare il primo giorno della sua presidenza la più grande operazione di rimpatrio di illegali nella storia degli Usa, e nel corso della campagna elettorale si è scagliato più volte contro i migranti clandestini che, secondo lui, «avvelenano il sangue» della nostra Nazione. Homan, da parte sua, è il teorico della grande deportazione, famiglie comprese (anche i bambini nati in America da genitori clandestini), e durante la Convention repubblicana a luglio, aveva lanciato un «messaggio per i milioni di irregolari che Joe Biden ha permesso di entrare nel nostro paese: farete meglio a iniziare a fare le valigie». Inoltre, Trump avrebbe scelto Stephen Miller, come vice chief of staff, secondo quanto riporta la Cnn. Classe 1985, il funzionario è un falco delle politiche contro l'immigrazione, e nel 2016 - quando era uno dei consiglieri più importanti alla Casa Bianca - fu l'ideatore del famigerato bando contro i musulmani e altre misure durissime. Per quanto riguarda il ruolo di ambasciatrice Usa presso le Nazioni Unite, invece, Trump ha scelto la deputata di New York Elise Stefanik, «una combattente dell'America First incredibilmente forte, tenace e intelligente», ha spiegato The Donald. Fervente sostenitrice del presidente eletto, e critica dell'Onu, la 40enne quest'estate era stata in lizza anche per la carica di vicepresidente.
Nel frattempo, il tycoon entra nella battaglia per la leadership del Senato appena riconquistato dai repubblicani e cerca la possibilità di fare nomine per la sua amministrazione e per la magistratura bypassando l'approvazione della Camera Alta, dove anche l'opposizione dice la sua nel processo di conferma. Intanto, secondo fonti repubblicane, il vicepresidente eletto JD Vance sarà il più importante numero due dai tempi di Dick Cheney, con un ruolo fondamentale nell'amministrazione, praticamente alla pari di un «primo ministro».
Come vice 40enne di un comandante in capo 78enne che non può essere rieletto, spiegano, può usare i prossimi quattro anni per agire come principale esecutore delle politiche di Trump e consolidare il potere del movimento Maga.
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