Lo scetticismo di Mattarella sulla tenuta dei gialloverdi

Conte sale al Colle: "Sono moderatamente ottimista". Ma il capo dello Stato è preoccupato da conti e litigi

Lo scetticismo di Mattarella sulla tenuta dei gialloverdi

Tutti insieme appassionatamente? Matteo e Giggino nella stessa stanza, come se niente fosse? Impossibile, due vicepremier ancora non si parlano, così il vertice a Palazzo Chigi si trasforma in due incontri bilaterali e la verifica viene derubricata in una più semplice «ricognizione». Fuori uno, sotto con l'altro. Giuseppe Conte resta due ore faccia a faccia con Salvini, poi un'altra mezza con Di Maio e, alla fine di tanti conciliaboli, si decide di concedere un po' di tempo ai Cinque stelle prima di «ripartire». Il presidente del Consiglio prova a rilanciare il suo ruolo centrale, o almeno ad accreditarsi come mediatore. «Ho elaborato un'agenda fitta di misure e provvedimenti», dice. Ma chi comanda ormai è il ministro dell'Interno: «C'è piena sintonia con il premier sulle tante cose da fare, io gli ho detto di farle presto e bene».

E nel pomeriggio Conte sale a rapporto sul Colle. «Presidente, sono moderatamente ottimista», spiega. Sergio Mattarella, allo stato, non può che prenderne atto. Se siete in grado di proseguire, è il senso della sua risposta, fatelo. Ma attenti alle finanze pubbliche e a non dichiarare guerra all'Europa. E basta risse interne. Insomma, se il governo va avanti, non sarà il Quirinale a fermarlo. Però deve andare avanti davvero, nel senso che non si può pensare di vivacchiare, di tirare andreottianamente a campare. La lettera di richiamo della Ue è già arrivata e lo spread si è impennato. E in autunno servirà un esecutivo capace di varare una manovra per riassettare i conti. Senza parlare dei problemi più urgenti, come le nomine dei commissari europei, una partita nella quale, dopo i fasti di Draghi, Tajani e Mogherini, stavolta rischiamo di restare in panchina.

Siamo comunque in una fase interlocutoria e Conte si dà un gran da fare per ricucire i rapporti. «Il governo del cambiamento deve ancora completare buona parte del suo programma. Ho raccolto le indicazioni dei vicepresidenti sulle misure che stanno a cuore alle rispettive forze politiche e chiesto a entrambi - si legge in una nota di Palazzo Chigi - di accelerare i confronti e le valutazioni, in modo da poter ripartire già nei prossimi giorni con chiarezza di intenti e determinazione di risultati». Sul tavolo ci sono «provvedimenti che giudico assolutamente strategici per il bene del Paese».

Ma ci sono i margini per «ripartire»? Lui sostiene di sì. «Gli incontri di oggi sono serviti a operare una vasta ricognizione delle varie misure che tornano utili a rilanciare la nostra azione». Quali, non è chiaro. La situazione è di stallo e l'unica scelta significativa è quella di guadagnare tempo. Slitta infatti la riunione dl Consiglio dei ministri che doveva discutere il decreto sicurezza-bis, tanto caro a Salvini, prevista per domani. Rimandato a data da destinarsi pure il vertice vero, tra il premier e i suoi due vice.

Il leader leghista garantisce che con Conte «c'è pieno accordo, ma dobbiamo continuare come fatto negli ultimi mesi, considerando chiusa la parentesi delle polemiche e degli insulti di questo mese». Se invece dovesse prevalere la linea delle «barricate», ovvero quella di Alessandro Di Battista, allora «sarà impossibile» andare avanti. Tra i primi punti, che la Lega giudica necessari per rilanciare l'economia, e sui quali Salvini chiede che il premier si impegni, flat-tax, saldo e stralcio, Cir e riforma dell'Iva. E la sicurezza.

Se si riparte, lo si farà quindi sull'agenda salviniana.

Non è un caso se Armando Siri, il sottosegretario leghista indagato per corruzione e fatto dimettere dai grillini, sia tornato a parlare. Intanto con Edoardo Rixi può aprirsi un altro fronte e stavolta il ministro dell'Interno è orientato a resistere: i Cinque stelle reggeranno la prova di forza?

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