Un monito all'Europa perennemente assente sul fronte dei migranti e un richiamo alla necessità di governare gli arrivi attraverso flussi regolari indispensabili per evitare le stragi in mare. Ma anche la sollecitazione a non farsi ammaliare dal mito di un'accoglienza illimitata tanto insostenibile quanto pericolosa perché capace di portare lo scontro etnico e sociale nel cuore di città e periferie. Sono i punti cardine dedicati al tema dell'immigrazione dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel corso del suo discorso al popolo ciellino del Meeting di Rimini. Punti in cui s'intravvede una divaricazione abbastanza netta rispetto alle posizioni di quanti - dal Pd di Elly Schlein fino alla galassia di sinistra radicale e Ong - continuano ad auspicare un accoglienza senza limiti. Per capirlo bastano i passaggi in cui Mattarella ricorda la necessità di «perseguire un inserimento lavorativo ordinato rimuovendo la presenza nascosta, incontrollabile, di chi vaga senza casa, senza lavoro e senza speranza. O di chi vive ammassato in centri di raccolta, sovente mal tollerati dalle comunità locali».
Al mito di un'Italia o di un'Europa senza più confini e controlli il presidente preferisce contrapporre il modello di una nazione e di un continente capaci di regolare l'arrivo dei migranti in base alle esigenze del mercato del lavoro. «Soltanto ingressi regolari sostenibili, ma in numero adeguatamente ampio - sottolinea Mattarella - sono lo strumento per stroncare il crudele traffico di esseri umani. La prospettiva e la speranza di venire, senza costi e sofferenze disumane, indurrebbe ad attendere turni di autorizzazione legale».
La ricetta degli arrivi controllati e programmati è anche quella proposta dal governo Meloni all'indomani della strage di Cutro. Nelle parole del presidente si legge, però, l'invito a muoversi più in fretta privilegiando l'attuazione dei flussi rispetto al tentativo di bloccare le partenze. Ma gli auspici presidenziali - per quanto corretti e autorevoli - non possono prescindere dalla realtà. La realtà di un continente africano segnato non solo dal caos libico, dalla crisi tunisina e dalla guerra civile sudanese, ma anche dalla tragedia di un Sahel dove sullo sfondo dei colpi di stato di Mali, Burkina Faso e Niger continua inarrestabile l'avanzata jihadista. In quel contesto realizzare il modello dei flussi controllati non è certo facile. Anche perché per trasformarlo in ricetta funzionale è indispensabile la collaborazione di governi stabili capaci di sottrarre i migranti al controllo dei trafficanti di uomini. Solo così si permetterà ai consolati italiani ed europei d'inserirli in liste di partenze stilate in base a capacità ed esperienze lavorative.
Per farlo, e qui assume forza e rilievo l'altro monito presidenziale, occorrono «un impegno, finalmente concreto e costante, dell'Unione Europea» e «sostegno ai Paesi di origine dei flussi migratori». Solo la coesione dei 27 paesi Ue può infatti garantire quella stabilizzazione dei paesi africani indispensabile per realizzare i flussi controllati. Ma la coesione e la solidarietà, fin qui assenti, dei 27 sono indispensabili anche per bloccare le stragi in mare. Per evidenziarlo Mattarella evoca l'immagine di un bimbo annegato con centinaia di altre persone nel Mediterraneo. «Recuperato il suo corpo - ha raccontato il Presidente - si è visto che nella fodera della giacca aveva cucita la sua pagella, come fosse il suo passaporto. La dimostrazione, che voleva venire in Europa per studiare».
Un'immagine tragica in cui è difficile non intravvedere l'egoismo di quei Paesi che - pur di non accogliere i migranti nei propri territori - hanno sempre rifiutato missioni di soccorso comuni europee. O, peggio, hanno lasciato mano libera alle navi delle Ong difendendo la loro pretesa di scaricare i migranti esclusivamente nei porti italiani.
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