Schiaffo a Salvini che fa autocritica. E la Lega diventa subito governista

Il leader: "Siamo arrivati tardi coi candidati, siamo stati bocciati, dobbiamo fare meglio". E vira su Draghi: "Irresponsabile chi usa il voto per abbattere il governo di unità nazionale"

Schiaffo a Salvini che fa autocritica. E la Lega diventa subito governista

Prima i contrasti dentro la Lega, poi il caso Morisi, ora una batosta elettorale che dà forza all'ala critica sulla linea del segretario, quelli (in testa Giorgetti) che consideravano sbagliati i candidati scelti a Milano e Roma. Anche Salvini si rende conto che sarebbe troppo comodo, e poco credibile, sostenere che la Lega ha vinto perché «ha 50 più sindaci di prima» (a Montebelluna, Chioggia e altri piccoli centri), mentre poi perde nelle grandi città, soprattutto a Milano, dove il leader leghista ha fatto il consigliere comunale per un trentennio. No, «se vieni bocciato dai cittadini di Bologna e di Milano vuol dire che devi fare meglio» ammette. La scoppola ha un effetto immediato, quello di trasformare Salvini, il più inquieto dei leader della maggioranza, in un governista. «Se qualcuno usa questo voto per abbattere il governo di unità nazionale fa qualcosa di irresponsabile. Noi qua siamo e qua rimaniamo perché il presidente Mattarella ci ha chiesto di rimboccarci le maniche per ricostruire questo Paese dopo il Covid e quindi questo noi faremo fino in fondo». Si rafforza dunque l'assetto Draghi e di conseguenza la componente «draghiana» dei governatori leghisti. Un campanello d'allarme per il Salvini ancora sovranista che dovrà ricalibrare il tiro, a partire dalla linea ondivaga sui vaccini che soprattutto al nord non fa presa. Il governo che sembrava un impaccio temporaneo nella marcia verso «Salvini premier» (secondo nome della nuova Lega), ora va preservato. «Voglio parlare di tasse, lavoro, scuola, giovani, non rispondere agli attacchi Letta e Conte». Non c'è più tanta fretta di votare, serve tempo per meditare meglio le scelte e i candidati (nel 2022 altra tornata di comunali). Un anno e mezzo di pandemia, e l'arrivo dell'ex numero uno della Bce, hanno cambiato tutto, anche la Lega. Per ora però, dicono da via Bellerio, non si parla di congresso per cambiare il segretario. Ma il Capitano ha perso il «tocco magico» e non è più considerato insostituibile. «Non ne imbrocca più una» sospira un parlamentare leghista.

L'«autocritica», che Salvini estende a tutto il centrodestra, per essere «arrivati tardi con i candidati», è in buona parte addebitabile a lui, che si è impuntato sulla ricerca dei «civici», allungando così i tempi, e finendo con un flop rispetto ai candidati politici. Il nome di Bernardo è stato sponsorizzato soprattutto dalla Lega, stessa cosa a Bologna con l'imprenditore Fabio Battistini, spinto da Salvini. Anche a Torino le cose non sono andate come sperato, il leader leghista aveva previsto che sarebbe stata «la più bella sorpresa dal voto di domenica», mentre Paolo Damilano (anche lui considerato in «quota Lega», però tendenza Giorgetti) non ha sfondato. E anche altrove, come Rimini e Ravenna, è stata la Lega a far pesare il proprio ruolo di primo partito nel centrodestra, per mettere l'ultima parola sui candidati (risultati perdenti). Anche a Varese, patria del leghismo (da lì arrivano Bossi, Maroni, Giorgetti...), la Lega è dietro e deve sperare nel ballottaggio.

L'insuccesso elettorale del centrodestra è anche un colpo alla leadership di Salvini. Su questo pesa anche il risultato delle liste e il confronto, soprattutto con la Meloni. «Siamo la prima forza in quasi tutte le città» dice il segretario. A Milano però Fdi e Lega sono incollati, così pure a Torino, Rimini, Ravenna, a Bologna Fdi sorpassa i leghisti con la doppia freccia, a Roma la Meloni vale il triplo, anche a Trieste e Pordenone la Lega è dietro. In Calabria la Lega raddoppia i voti, ma è sotto Fdi e Forza Italia.

A Caserta non sfonda il candidato leghista, Giampiero Zinzi. Salvini ci mette la faccia, ammette i «nostri demeriti», in via Bellerio appare per una rapidissima conferenza stampa ma torna subito in ufficio, non ha tempo per le domande.

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