Schiaffo al segretario Letta: il referendum piace ai dem

Per il leader la vittoria del Sì sarebbe un problema. Ma l'anima garantista del partito si schiera: noi a favore

Schiaffo al segretario Letta: il referendum piace ai dem

Nonostante il segretario Enrico Letta abbia dichiarato che la «vittoria» del Sì «aprirebbe più problemi di quanti ne risolverebbe», il gruppo dei Dem favorevoli ai quesiti (o a buona parte di essi) posti dal referendum sulla Giustizia risulta in costante espansione. Un effetto domino che assomiglia ad una seppur parziale ribellione alla linea imposta dal vertice del Nazareno. Uno scossone l'ha dato il sindaco di Bergamo Giorgio Gori via Twitter: «Per precisione: i miei Sì saranno 5 - ha cinguettato il primo cittadino qualche giorno fa - . Sì quindi anche su valutazione dei magistrati e sistema elettorale del Csm, su cui comunque il Parlamento ha già fatto un buon lavoro. Non così sugli altri 3. E se il Parlamento disattende il suo ruolo è giusto che i cittadini battano un colpo», ha chiosato.

Il professor Stefano Ceccanti, onorevole e plenipotenziario del Pd in materia costituzionale, ha del resto spiegato al Giornale che «non sarebbe logico difendere in cabina elettorale ciò che nel frattempo stiamo superando in Parlamento». Il deputato ha annunciato che voterà tre Sì, indicando le similitudini con gli obiettivi ricercati in questa fase attraverso l'iniziativa legislativa: «Separare di più chi giudica e chi accusa; decorrentizzare il Csm; proporre una valutazione non autoreferenziale dei magistrati». L'elenco è lungo e significativo.

L'ex viceministro Enrico Morando ha fatto sapere che voterà Sì anche in relazione all'abolizione della legge Severino. Il senatore Andrea Marcucci ha posto di nuovo l'accento sulla necessità di modifiche strutturali: «Il mantenimento dello status quo sulla Giustizia - ci ha detto - non è più sostenibile». Poi l'invito ai colleghi a non mollare la presa: «Il 12 giugno è un appuntamento importante per alcuni temi, ma è fondamentale che il Parlamento faccia il suo lavoro sino all'ultimo giorno». La Camera ed il Senato non dovrebbero dunque rinunciare ad approvare riforme sistemiche sulla Giustizia, ma il referendum che avrà luogo tra qualche settimana, per Marcucci, resta centrale su due questioni, ossia la Severino e la custodia cautelare. L'onorevole Enza Bruno Bossio - com'era pronosticabile - si esprimerà con cinque Sì: «Si tratta di un voto di civiltà e di libertà», ha esordito. Poi la precisazione: «Ho sottoscritto tutti i quesiti referendari e voterò, pertanto, in maniera convinta 5 Sì, perché intervengono su problematiche che generano momenti di malagiustizia, oltretutto mai risarciti, soprattutto verso il cittadino ma anche nei confronti di chi ha la responsabilità di amministrare la cosa pubblica», ha specificato la deputata.

I Sì del senatore Salvatore Margiotta saranno invece tre: «Separazione delle carriere, valutazione dei magistrati e custodia cautelare». «Su quest'ultimo - ha osservato al Giornale l'esponente Dem che siede a Palazzo Madama - , sono consapevole delle distorsioni che creerebbe la vittoria del Sì, con l'abolizione tout court di un istituto che deve essere corretto in modo profondo, ma non cancellato. Se vincesse il Sì, però - ha aggiunto Margiotta - , il Parlamento sarebbe costretto ad intervenire per approvare una nuova legge, che limiti i casi in cui può scattare la custodia cautelare in assenza dell'accertamento della verità e quindi della condanna dell'indagato». Un altro senatore, Tommaso Cerno, che è di nuovo iscritto al Gruppo del Pd dopo un passaggio nel Misto, ha preso una posizione tanto breve quanto diretta: «Sono un convinto sostenitore della democrazia. Per cui invito ad andare a votare. E a votare Sì». Un altro noto garantista dem è il senatore Luciano D'Alfonso che ha confermato, dopo aver sottoscritto gli stessi quesiti, di essere in procinto di esprimersi con tre Sì su cinque.

Insomma, per quanto il segretario Enrico Letta ed i più affezionati all'alleato grillino preferiscano il naufragio del referendum, gli esponenti del Pd con una sensibilità garantista e riformista non sono disponibili ad appiattirsi sull'impostazione giustizialista del MoVimento 5 Stelle. E non può essere escluso che la lista dei sostenitori del Sì, tra i dem, si allarghi ancora.

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