Schlein dice solo no: niente Atreju

La segretaria Pd respinge l'invito per la festa di Fdi: "Il confronto è in Parlamento"

Schlein dice solo no: niente Atreju
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Mi si nota di più se vado o se non vado? Al celebre interrogativo morettiano (nel senso di Nanni) sulla partecipazione ai party, Elly Schlein risponde decisa: «Non vengo».

Di buon mattino, la segretaria del Pd fa sapere che è stata invitata, ci ha riflettuto, ma che no, all'happening Atreju, organizzato dal partito della premier per metà dicembre, lei non andrà perché «il confronto tra opposizione e maggioranza si fa in Parlamento».

Il gran rifiuto di Elly irrita Giovanni Donzelli, l'esponente di Fdi che coordina la preparazione dell'evento: «Sto gestendo io gli inviti e non mi risulta che sia partito quello per Schlein. Comunque Atreju è aperto a tutte le idee politiche». Dal Nazareno parte subito la controreplica: è stato proprio Donzelli a «invitare personalmente» la leader dem durante un colloquio a Montecitorio. E del resto il ministro di FdI Luca Ciriani da giorni lancia messaggi di apertura: «A Atreju abbiamo invitato Letta e Conte, sarebbe bello che Schlein potesse cogliere la sfida: noi siamo disponibili al confronto». A partire dalle riforme: «Abbiamo presentato un testo ragionevole, ma è ovvio che il Parlamento potrà intervenire, specie su alcuni punti», ha spiegato in un'intervista a La Stampa, aggiungendo: «Sarebbe bello che due donne, la leader del più importante partito di opposizione e la premier Meloni, cambiassero l'Italia insieme. Spero che Schlein non scappi dal confronto».

L'invito declinato ad Atreju sembra però confermare la linea «isolazionista» (coi nemici non si parla, se non dove è istituzionalmente obbligatorio) che Schlein aveva già inaugurato in casa propria: alla Festa dell'Unità di quest'anno, per la prima volta, non è stato invitato alcun esponente di maggioranza e governo. E a dire il vero neppure esponenti di opposizione che non stanno simpatici alla segretaria Pd, tipo Matteo Renzi. Il dialogo insomma va bene, ma solo se si è già d'accordo e ci si sente parte della stessa tribù. Altrimenti si rifiuta, anche un po' piccati: «Non è lei (ossia Meloni, ndr) che mi invita a Atreju, siamo noi che la invitiamo in Parlamento a confrontarsi», spiega la segretaria. E comunque «non è il caso di partecipare a eventi goliardici mentre è in discussione una manovra cui ci opponiamo duramente, perchè toglie a chi ha meno».

Del resto, fanno notare nel Pd, se Elly avesse accettato avrebbe passato guai con l'ala dura dei suoi, come spiega a chiare lettere l'eurodeputata Camilla Laureti: «Andarci avrebbe saputo di inciucio, di compromesso. E non è la nostra idea di politica». Come se la politica non fosse, per l'appunto, l'arte del compromesso tra idee diverse.

Un'arte che per il Pd schleiniano sembra funzionare solo all'estero: ieri era la giornata dell'entusiasmo per la nascita del governo del socialista Sanchez: «Una buona notizia per la Spagna e l'Europa. Adelante, Pedro!», twittava con impeto manzoniano Schlein.

Sorvolando sul fatto che il governo spagnolo nasce appeso al compromesso (con tanto di amnistia) con i secessionisti catalani di Puigdemont: roba che al confronto la tanto vituperata (in patria) Autonomia di Roberto Calderoli sembra acqua fresca.

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