La storia si ripete prima come tragedia e poi come farsa, scriveva Karl Marx nel 1852. Per una volta, il filosofo ha avuto ragione ieri quando il cancelliere Olaf Scholz ha posto la questione di fiducia al Bundestag, venendo battuto. In aula si è consumato l'ultimo atto di quello spettacolo indegno della Germania che è stata la crisi di governo apertasi il 6 novembre. È la quarta volta nella storia tedesca che un esecutivo cade in questo modo.
In passato, era successo nel 1972, 1982 e 2005, quando cancellieri erano Willy Brandt della Spd, Helmut Kohl della Cdu e il socialdemocratico Gerhard Schröder. Tre figure che hanno plasmato la Germania contemporanea, il primo come artefice della Ostpolitik, il secondo come padre della riunificazione e il terzo con le riforme strutturali. Scholz e il suo governo, nato l'8 dicembre 2021 con il motto «Osare più progresso», sono stati ben lontani da questi parametri. È qui che è andata in scena la ripetizione farsesca della storia, con la fine di un esecutivo indebolito dalle divisioni interne tra Spd, Verdi e Fdp, incapace di gestire i profondi cambiamenti in corso in Germania, dalla crisi dell'economia a quella del modello multiculturale. Con la locomotiva d'Europa che arranca e chiuderà il 2024 in recessione dello 0,2 per cento frenando la ripresa del continente, gli alleati in coabitazione forzata non sono riusciti soprattutto a fornire ai tedeschi le certezze e la sicurezza di cui hanno bisogno. In questo modo, Scholz e il suo governo hanno contribuito all'ascesa dei partiti estremisti, Afd a destra e Bsw a sinistra. L'esecutivo del «semaforo» è stato, inoltre, segnato sempre più da un'insolita gara tra personalismi, con i protagonisti che hanno anteposto l'interesse particolare a quello generale. Di questa competizione è stato il paradigma proprio Scholz, cancelliere freddo e calcolatore che non ascolta ed è estraneo a ogni autocritica, attaccato al potere e campione di machiavellismi che finiscono per sfuggire al suo controllo.
La tattica dell'autoconservazione è culminata con la crisi di governo, che ha portato alla cacciata dei liberaldemocratici dalla coalizione e all'avvento di un esecutivo di minoranza formato da socialdemocratici ed ecologisti. Ieri, questa esperienza si è conclusa. Sui 367 voti necessari per la fiducia, Scholz ne ha ottenuti 207 a favore e 394 contrari, mentre 116 deputati si sono astenuti. Con il suo discorso nell'aula del parlamento federale, il cancelliere ha dato un ultimo spettacolo di egocentrismo: nessuna ammissione di responsabilità, ma attacchi sia agli ex alleati della Fdp sia ai popolari, principale gruppo di opposizione, a cui ha unito la rivendicazione dei propri successi e le immancabili promesse in vista del voto anticipato del 23 febbraio. La campagna elettorale già ferve, con la Spd al 17 per cento nei sondaggi nettamente superata da Cdu e Csu insieme al 31 per cento.
Tuttavia, il cancelliere uscente è sicuro di una grande vittoria del suo partito e di ottenere un secondo mandato. Ancora una volta, una dimostrazione di egocentrismo come incapacità di osservare la realtà, anteponendo la propria persona a tutto il resto.
Assecondato dai vertici della Spd, Scholz va avanti per la sua strada con quella determinazione teutonica che può sfociare nella catastrofe. Non importa che la Germania sia sempre più instabile, con il rischio di gravi ricadute per l'Ue. Il potere logora chi non ce l'ha, anche per Scholz.
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