Con un sovrappiù di ottimismo ci eravamo dimenticati dell'esistenza, politica ovviamente, di Danilo Toninelli, massimo manufatto - praticamente una grande opera - di quella catena di montaggio di maiuscoli disastri che hanno contraddistinto gli anni del grillismo ruggente e ringhiante. Ex impiegato in un gruppo assicurativo, nel 2013 sull'onda crescente dell'«uno vale uno» - ma qualcuno valeva pure meno, aggiungiamo noi - viene paracadutato a Montecitorio, cinque anni dopo, come sommo «vaffa» alla cosa pubblica, viene promosso ministro dei Trasporti. Poi, dopo quindici lunghissimi mesi di gaffe formidabili che lo elevano - questa volta con massima meritocrazia -, nell'olimpo dei politici peggiori della storia repubblicana, su di lui cala l'oblio. Ritiratosi a vita privata torna a bazzicare la scena pubblica solo con video strampalati che pubblica sui suoi social. Ed è proprio dal web che ieri è tornato a farsi sentire con un attacco sguaiato sulla tragedia di Mestre: «Non sono morti accidentali. La strage del bus con il guardrail marcio, le tante morti silenziose in incidenti stradali quotidiani causati da strade dissestate, non sono morti accidentali. Sono morti di Stato causate dalla follia di chi inneggia a opere inutili e costosissime come il Tav Torino-Lione o il ponte sullo Stretto».
Sciacallaggio puro con l'aggiunta di una colata di acido sull'attuale ministro dei Trasporti: Matteo Salvini. Sfruttare una tale tragedia contro le grandi opere è da piccole persone. Ma, soprattutto, è un ragionamento fuori da ogni logica: la manutenzione delle arterie di comunicazione del nostro Paese è sacrosanta e basilare per la nostra sicurezza e non è in contrapposizione con la costruzione di quelle mega infrastrutture che sono necessarie per la prosperità della nazione. Anzi, sono due facce della stessa medaglia, due volti di uno Stato che vuole e deve essere efficiente.
Non è che costruendo il ponte sullo Stretto si distraggono soldi, energie o materie dalla manutenzione delle arterie principali d'Italia. Questa idea lampeggia, come le lanterne dei lavori in corso, solo nel mondo al rovescio dei grillini: dove presente e futuro sono solo un regresso di tanta decrescita e poca felicità.
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